La stretta delle Autorità di Regolamentazione cinesi su Didi Chuxing ha lasciato strascichi. Dopo che la tech di car sharing ci ha rimesso 4 miliardi in Borsa in un solo giorno, le altre aziende tecnologiche del Dragone hanno deciso di rinviare le procedure per l'IPO negli Stati Uniti.
La paura è che i grandi obiettivi di raccolta vengano vanificati dalla morsa del Cyberspace Administration of China, con gli investitori che si danno immediatamente alla fuga. Così è meglio aspettare magari che la situazione si definisca e che si accerti di essere perfettamente in regola con la vigilanza prima di fare il passo di diventare pubblici.
L'oppressione di Pechino nei confronti delle aziende connazionali che intendono fare business all'estero rischia di alterare gli equilibri e di creare un freno allo sviluppo e alla crescita del Paese. Secondo gli esperti, il danno complessivo sulle azioni si aggirerebbe intorno ai 2.000 miliardi di dollari.
Wall Street: società cinesi che non si quoteranno
Finora vi sono alcune aziende che hanno deciso di arretrare dai loro progetti di quotazione a Wall Street. Presumibilmente il numero potrebbe crescere nei prossimi giorni. Si contano infatti altre 8 società cinesi che già hanno presentato alla Security and Exchange Commission della Borsa americana la documentazione necessaria per il debutto in Borsa entro la fine del 2021. E' probabile che prima di farlo dovranno attendere indicazioni di carattere
legale da parte delle Authority cinesi, nonché sottostare a controlli molto più rigorosi di quelli finora immaginati.
Tra le società che al momento hanno alzato bandiera bianca vi è Keep, piattaforma cinese di fitness, la quale ha preferito non compilare la documentazione necessaria per la quotazione. Vi è poi Ximalaya, attualmente la più grande piattaforma di podacast del Paese, che qualche settimana fa dopo un colloquio con i Regolatori ha pensato che fosse meglio optare per Hong Kong piuttosto che per Wall Street.
Mentre LinkDoc Technology, fornitore di soluzioni per dati medici e servizi di big data oncologici, avrebbe dovuto esordire oggi alla Borsa di New York con un'IPO da 200 milioni. All'ultimo momento ha ritenuto fosse più opportuno fare un passo indietro.
USA-Cina: 10 società cinesi nella lista nera americana
I rapporti tra USA e Cina si fanno quindi sempre più tesi. A rincarare la dose un provvedimento dell'Amministrazione Biden, che aggiungerà almeno altre 10 compagnie del Dragone nella black list per presunte violazioni dei diritti umani nello Xinjiang.
Il numero esatto ancora non lo si conosce, così come non è stato reso noto di quali società si tratti. L'unica cosa certa è che alle società americane è fatto espresso divieto di fare affari con loro se non prima si siano munite di una licenza specifica da parte del Governo americano.
Il tema del mancato rispetto dei diritti umani nel territorio cinese costituisce una mina vagante in quelli che sono i rapporti già sul filo del rasoio tra Washington e Pechino. Da quando Joe Biden si è insediato alla Casa Bianca, le relazioni tra le due superpotenze non sono affatto migliorate, contrariamente a quanto qualcuno si aspettava.
A marzo vi sono stati dei colloqui sui lavori forzati nello Xinjiang, ma si sono risolti in malo modo, con attacchi reciproci molto aspri. Per questo sono arrivate le sanzioni ai funzionari cinesi da parte americana, oltre al divieto alle
imprese USA di importare cotone, pomodori e quant'altro provenisse proprio da quel luogo.
Ultimamente sembra che anche l'Unione Europea, la Gran Bretagna e il Canada stiano seguendo la stessa strada e abbiano annunciato provvedimenti contro i funzionari cinesi.
Da Pechino la reazione non si è fatta attendere. Il mese scorso è passata una legge con la quale il Governo cinese a sua totale disgrezione potrà sequestrare beni e negare visti alle imprese straniere operative nell'ex Celeste Impero, il cui Stato di appartenenza ha comminato sanzioni.
In definitiva, in questo momento non si vede un solo spiraglio che le diplomazie della prima e della seconda economia mondiale possano giungere almeno nel breve a una distensione dei rapporti.