Wall Street: gli investitori non amano giocare in difesa | Investire.biz

Wall Street: gli investitori non amano giocare in difesa

22 giu 2025 - 09:00

Gli investitori di Wall Street sono riluttanti ad acquistare le azioni difensive nonostante le preoccupazioni relative alla guerra in Medio Oriente. Ecco i motivi

Con quello che sta accadendo in Medio Oriente, in altri momenti probabilmente avremmo assistito a un crollo delle azioni a Wall Street e ad una fuga verso beni rifugio come oro, Treasury Bond e dollaro americano. Oggi non sta accadendo questo. L'oro è sempre ben comprato e viaggia non troppo lontano dai massimi storici, ma titoli di Stato Usa e dollaro sono rifuggiti dagli investitori per via di questioni attinenti più strettamente all'economia americana.
 
Le azioni non sono affatto precipitate, anche quando è circolata l'ipotesi che gli Stati Uniti potrebbero entrare in guerra a fianco di Israele. Nemmeno una Federal Reserve poco accomodante nella riunione di questa settimana ha impedito all'indice S&P 500 di rimanere a pochi metri dal suo record storico raggiunto a febbraio a 6.147 punti.
 
Il massimo effetto delle tensioni economiche e geopolitiche è stato quello di un lieve spostamento degli investitori verso i settori considerati difensivi come i servizi pubblici, i beni di consumo di base e l'assistenza sanitaria. Ma nulla di più. Tuttavia, l'influenza di questi settori sul benchmark è attualmente ai minimi di 35 anni, ha sottolineato Todd Sohn, strategist di Strategas.
 
 

Wall Street: cosa spiega la poca propensione ai difensivi

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è dato due settimane di tempo per decidere se entrare in guerra o meno. Nel frattempo, il rischio che l'Iran chiuda lo Stretto di Hormuz si fa sempre più concreto. Questo rischierebbe di far decollare ulteriormente i prezzi del greggio e colpire l'economia americana. Ciò nonostante, gli investitori non giocano in difesa. Perché? Le ragioni possono essere più di una.
 
In primo luogo, l'impatto geopolitico sui mercati azionari potrebbe essere di breve durata. Secondo quanto riportato da una ricerca di UBS, negli ultimi 11 eventi di grande portata, l'S&P 500 è sceso in media solo dello 0,3% una settimana dopo il fatto, mentre è salito del 7,7% dopo 12 mesi.
 
Un'altra spiegazione è fornita da Christopher Murphy, co-responsabile della strategia sui derivati di Susquehanna, secondo cui il posizionamento tra gli hedge fund è rimasto prudente. In buona sostanza, molti investitori istituzionali non hanno inseguito in modo aggressivo il recente rally e, di conseguenza, non hanno bisogno di liquidare grandi posizioni per effetto degli shock di natura geopolitica. "Gli investitori stanno ancora coprendo con precisione, ma il comportamento dominante rimane l'engagement corretto per il rischio, non il panico", ha affermato lo strategist.
 
 

Qual è il rischio?

Prendere alla leggera quanto sta accadendo fuori dai mercati potrebbe essere molto pericoloso, per alcuni osservatori di mercato, in quanto ciò rende le azioni estremamente vulnerabili in caso di ulteriore escalation. "La configurazione è inquietante e lascia gli investitori vulnerabili", ha affermato Matt Maley, strategist di mercato di Miller Tabas. "La guerra potrebbe peggiorare o meno, ma dato che qualsiasi potenziale di rialzo per le azioni è limitato a causa delle valutazioni estese, gli investitori dovrebbero prendere maggiori precauzioni".
 
Gli analisti di Wells Fargo hanno raccomandato di aumentare l'esposizione ai titoli difensivi, in particolare a quelli del settore delle utility. "Il gruppo, che può fungere da copertura contro la volatilità del mercato e i rischi economici, è relativamente protetto dalle tariffe dato che le attività sono principalmente nazionali", hanno scritto in una nota.
 
"Anche le utility beneficeranno della costruzione di infrastrutture nell'ambito dell'intelligenza artificiale. Inoltre, le valutazioni sono relativamente favorevoli", hanno aggiunto. L'indice S&P 500 Utilities è scambiato a un multiplo prezzo/utili forward di 17 volte, rispetto alle 22 volte dell'S&P 500.
 
Di diverso avviso è Dennis DeBusschere, presidente e Chief market strategist di 22V Research. L'esperto ha dichiarato che non acquisterà titoli difensivi, perché "Israele non colpirà gli impianti di esportazione di petrolio dell'Iran, limitando così l'impatto sui tassi di interesse e sulle aspettative di inflazione".
 
 
 
 

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