Wall Street è ormai dipendente dal settore tecnologico. Le grandi performance degli indici azionari americani negli ultimi anni sono state guidate dalla tecnologia, che ha suonato la carica ogni volta che gli investitori si sono lanciati negli acquisti.
Secondo i dati forniti da S&P Dow Jones Indices, il settore tecnologico pesa per circa il 36% nell'indice S&P 500 e sale a quasi la metà se si includono Meta Platforms, Amazon, Tesla e Alphabet, che non vengono classificate tra le aziende puramente tecnologiche. Il secondo settore con il maggiore peso, quello finanziario, è nettamente staccato con una quota del 13%.
L'aspetto più inquietante è che la presenza tech nel principale benchmark azionario statunitense oggi è superiore a quella del periodo delle dot-com. E sappiamo bene come finì allora: tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo millennio si creò una bolla che, quando esplose, travolse decine di aziende tecnologiche cancellando miliardi di capitalizzazione.
Wall Street: un déjà vu dopo 25 anni?
Se oggi esiste una nuova bolla tecnologica, il motore ha un nome: l'intelligenza artificiale. Esattamente come lo fu Internet 25 anni fa. Ma l'esito sarà lo stesso? Su questo tema il dibattito è acceso da diverso tempo. Sono diversi i segnali che giungono da più direzioni, mettendo in risalto le similitudini tra questo e quel periodo.
Uno dei più recenti è l'indicatore di Buffett, ideato dal leggendario investitore Warren Buffett, che rapporta la capitalizzazione di mercato di Wall Street al prodotto interno lordo statunitense. L'obiettivo è misurare quanto le azioni siano sopravvalutate in un determinato momento. Attualmente questo parametro ha raggiunto valori simili a quelli della bolla dot-com, facendo scattare un segnale di allarme (Wall Street: indicatore di Buffett fa suonare un campanello d'allarme).
In effetti, guardando ai multipli, si può notare come l'S&P 500 sia scambiato a circa 23 volte gli utili attesi, al di sopra della sua media decennale di 18,8 volte. Ma soprattutto, il settore tecnologico è negoziato a circa 32 volte, molto oltre la sua media di 22,2 volte degli ultimi dieci anni.
Qualche segnale di crepa nel comparto tecnologico comincia a vedersi, per la verità. Le azioni Palantir Technologies, reduci da un rally di lungo periodo superlativo, sono affondate questa settimana dopo la presentazione della trimestrale, nonostante i dati avessero superato le aspettative degli analisti e la società avesse tracciato una guidance robusta.
Tutto questo significa che qualsiasi intoppo legato all'intelligenza artificiale potrebbe avere sviluppi molto negativi per il mercato azionario americano, ha affermato Walter Todd, Chief investment officer di Greenwood Capital.
Il punto è capire se Wall Street oggi sia minacciata dallo spettro di quel che successe un quarto di secolo fa. In termini pratici, se è da presagire un crollo di quella portata, con il Nasdaq che perse fino all'80% del suo valore e impiegò due decenni per recuperare.
Scott Wren, senior global market strategist presso Wells Fargo Investment Institute, non è così catastrofista. A suo giudizio, le due situazioni non sono le stesse, perché oggi "le aziende che stanno guidando la carica fanno soldi con l'intelligenza artificiale", ovvero "sono aziende reali con flussi di cassa reali". Per inciso, all'epoca gran parte delle dot-com erano startup in perdita, senza un vero progetto su come diventare redditizie.