Gli ultimi due inizi di settimana a Wall Street sono stati all'insegna della turbolenza. Lunedì 27 gennaio l'irruzione nel mercato dell'intelligenza artificiale della startup cinese
DeepSeek ha scatenato un vero terremoto alla Borsa americana mentre ieri ci ha pensato il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump ad agitare le acque con l'applicazione di
dazi a Canada, Messico e Cina.
Molti speravano che alla fine il magnate newyorchese avrebbe desistito dall'adottare la mano pesante, dietro magari il raggiungimento di un accordo. Invece, il tycoon è andato dritto per la sua strada mettendo sotto pressione le azioni in Borsa. Proprio il fatto che il mercato non avesse scontato una notizia, che peraltro era stata annunciata da diverso tempo, dimostra come in fondo si aspettasse un esito diverso da quanto poi è accaduto.
Il punto ora è capire quali saranno le ripercussioni a Wall Street nei prossimi mesi, considerando che Trump ha dimostrato di fare sul serio e le sue prossime vittime potrebbero essere Europa e Gran Bretagna. Tra l'altro, tutto ciò rischia di innescare una pericolosa guerra commerciale. Già Canada, Messico e Cina hanno annunciato ritorsioni, con solo la prima che ha dettagliato i piani di rappresaglia. Anche l'Europa si è fatta sentire al riguardo, minacciando contromisure se gli USA dovessero adottare provvedimenti di questo tipo.
Wall Street: perché l'S&P 500 può crollare
Una visione negativa circa gli effetti dei "Trump Duties" arriva dagli strategist di Goldman Sachs, secondo cui le azioni statunitensi crolleranno di 5 punti percentuali nei prossimi mesi. A loro giudizio, a mettere pressione su Wall Street sarà il taglio delle stime sugli utili da parte delle società a causa dell'ultimo round di tariffe.
"Questi annunci sono stati uno shock per molti investitori che si aspettavano tariffe solo se i negoziati commerciali fossero falliti", ha scritto lo strategist della banca americana
David Kostin in una nota. Di conseguenza, "se sostenute, le ultime tariffe ridurranno le previsioni sugli utili dell'
S&P 500 di circa il 2-3%, senza tenere conto dell'impatto di un ulteriore inasprimento delle condizioni finanziarie o dei cambiamenti nel comportamento dei consumatori e delle aziende".
Il colpo agli utili si aggiungerebbe alle "valutazioni azionarie" troppo elevate e insieme porterebbero a un calo del benchmark di circa il 5% nel breve termine. Kostin era tra gli strategist più prudenti all'inizio dello scorso anno, ma poi si è convinto della forza della Borsa americana trainata dal boom dell'intelligenza artificiale e ha aumentato per due volte l'obiettivo sull'S&P 500 fino a portarlo a 6.500 punti entro la fine di quest'anno. L'ultima chiusura settimanale dell'indice è stata di 6.040.
A rimanere coerente nella sua visione ribassista sulle azioni americane è invece l'ex strategist di JP Morgan Chase, Marko Kolanovic. L'esperto si è sempre opposto a questo mercato rialzista, sostenendo che i rischi crescenti del rallentamento dell'economia, le tensioni geopolitiche e l'elevata concentrazione del mercato avrebbero finito per provocare un cambiamento di rotta a Wall Street.
"Da un punto di vista tecnico, una concentrazione storicamente elevata rende le azioni vulnerabili a una brusca inversione", ha detto. "Lo squilibrio senza precedenti tra i 10 nomi più grandi e il resto del mercato azionario non può reggere ed è probabile una flessione ciclica per eliminare e normalizzare l'impennata delle valutazioni". Alla luce di tutto questo, Kolanovic vede l'S&P 500 scendere di almeno 1.000 punti dalle quotazioni attuali. "Penso che quest'anno torneremo a 5.000, con una probabilità che arriveremo molto più in basso a 4.000 punti", ha dichiarato.