A Wall Street regna la confusione e l'incertezza in questo momento. Gli indici della Borsa americana alternano sedute brillanti a sessioni di grandi vendite, in un contesto di elevata volatilità. Fino a quando non verranno risolte le questioni della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e gli altri Paesi, in particolare la Cina, gli investitori probabilmente saranno in balia delle notizie e degli umori del momento.
Nella settimana che si sta per concludere sono stati diversi gli spunti che hanno spostato il sentiment da una parte e dall'altra. A inizio settimana, il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump ha affermato che il governatore della
Federal Reserve,
Jerome Powell, è "un grande perdente", dopo che pochi giorni prima aveva tuonato sostenendo che se decidesse di licenziarlo ciò avverrebbe in modo rapido. Le dichiarazioni avevano gettato nel panico Wall Street, che considera la stabilità della Banca centrale un elemento chiave per scongiurare un'eventuale recessione USA generata dai dazi.
Pochi giorni dopo, Trump ha fatto un passo indietro asserendo di non avere alcuna intenzione di far fuori il numero uno della Fed. La Borsa di New York si è subito risollevata, grazie anche all'apertura del tycoon in merito a un possibile accordo commerciale con la Cina per ridurre i dazi.
Il mercato si è incupito allorché dal Segretario del Tesoro americano Scott Bessent e dalle autorità di Pechino sono arrivate dichiarazioni poco propositive per mettere fine alle ostilità. Nel frattempo, la stagione delle trimestrali sta entrando nel vivo, ma i risultati mostrano luci e ombre, in un contesto economico e geopolitico che rimane difficile.
Wall Street: c'è chi getta la spugna
Gli strategist di Wall Street sono diventati meno ottimisti rispetto a qualche tempo fa sulla Borsa americana. Tra questi figurano gli strateghi di Deutsche Bank, che hanno ridotto l'obiettivo di fine anno per l'S&P 500 del 12% a 6.150 punti.
Rispetto alle quotazioni attuali, lo spazio di rialzo è ancora a due cifre, ma il sentiment è cambiato. Allo stesso tempo, il team guidato da Bankim Chadha prevede un calo del 5% degli utili delle aziende americane quest'anno, rispetto a una crescita dell'8% stimata dal consensus.
"Con il potenziale impatto dei dazi in modo sproporzionato sulle società statunitensi, abbassiamo la nostra stima dell'EPS (earnings per share, n.d.r.) dell'S&P 500 per il 2025 da 282 a 240 dollari", hanno scritto gli strategist in una nota.
Gli esperti vedono miglioramenti in maniera duratura solo se l'amministrazione USA farà marcia indietro sulla sua politica commerciale. Un'eventualità che ritengono probabile man mano che la pressione sul governo aumenta e l'economia inizia a deteriorarsi. Tuttavia, più tempo si lascia correre, più velocemente si manifesteranno segnali di recessione, hanno detto gli strategist.
"Un cedimento credibile probabilmente ha bisogno di un calo significativo degli indici di approvazione", hanno scritto Chadha e il suo team. "Dopo il periodo iniziale della luna di miele, gli indici di gradimento tendono ad allinearsi con ciò che sta accadendo nell'economia e in particolare con la fiducia dei consumatori".
Secondo Daniel Kirsche, analista tecnico di Jefferies, il livello da monitorare per l'S&P 500 è quota 5.500 punti. In quell'area, il benchmark cancella metà del calo del 19% dal massimo storico di febbraio. "Scambiare sopra i 5.500 non solo spazzerebbe via quasi tutte le perdite di aprile, ma segnalerebbe che i trader stanno passando dalla vendita dei rally all'acquisto dei cali", ha affermato Kirsche.
"Più spesso il mercato testa i livelli di resistenza, più possibilità ci sono di superarli. Una volta superato questo livello, un rimbalzo verso 5.800-6.000 sembra molto realizzabile". Jason Hunter, stratega di JPMorgan Chase, ritiene invece che il mercato sia vulnerabile a un sell-off nell'area 4.800, o addirittura a un minimo di 4.500. "Sospettiamo che un nuovo test possa stabilire un fondo più duraturo", ha detto.