Settembre è stato molto spesso un mese insidioso per Wall Street. I dati riportati da vari ricercatori hanno evidenziato come nessun altro mese si sia comportato in media così male (
Settembre: cosa dice la stagionalità a Wall Street?). Quest'anno però c'è un fattore da tenere in considerazione: la
Federal Reserve si appresta a riprendere il ciclo dei tagli ai tassi di interesse.
Ormai il mercato dà praticamente per certa una riduzione di un quarto di punto nella riunione del 16/17 settembre, mentre sono cresciute le probabilità che l'intervento della Banca centrale sia più corposo. Questo incremento è dovuto ai pessimi dati sull'occupazione statunitense rilasciati venerdì scorso che ventilano la possibilità di un'economia statunitense in contrazione. Nel mese di agosto sono stati creati solamente 22 mila nuovi posti di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione al 4,3% è al livello massimo dal 2021.
La Fed invertirà il vecchio adagio di settembre?
Se la storia è una guida, ci sono buone probabilità perché il vecchio adagio di settembre che vuole perdite a Wall Street non si realizzi nel 2025. Secondo i dati analizzati da Nathaniel Welnhofer, strategist di Bloomberg Intelligence, a partire dal 1971 l'indice
S&P 500 è sceso in media dell'1% nel mese di settembre, ma ha
guadagnato l'1,2% allorché la Fed ha tagliato i tassi in un contesto non recessivo.
Scendendo nel dettaglio, lo scorso anno la Banca centrale ha abbassato il costo del denaro di mezzo punto a settembre e l'S&P 500 è salito del 2% nel mese. Il benchmark è stato in progresso anche nel 2019, allorché ha registrato un attivo dell'1,7%, mentre nel 2007 è aumentato del 3,6% e nel 1995 ha fatto un balzo del 4%.
In tutte queste circostanze, l'autorità monetaria ha tagliato i tassi di riferimento ma l'economia americana non era in flessione. "L'attesa di un taglio della Fed alla fine del mese potrebbe aiutare a invertire la tendenza", ha detto Welnhofer. "I rendimenti a settembre sono in genere più alti quando la Fed taglia in un contesto non recessivo".
Il discorso però è molto diverso se si prende in considerazione un contesto recessivo, come nel 1974 (post-crisi petrolifera), nel 2001 (post-scoppio bolla dot-com) e nel 2008 (anno della grande crisi finanziaria). Nei tre anni, l'S&P 500 è crollato rispettivamente dell'11,9%, dell'8,2% e del 9,1% nonostante i tagli della Fed.
Alexander Altmann, responsabile globale delle strategie tattiche azionarie di Barclays, osserva un aspetto interessante. Negli ultimi 20 anni, effettivamente settembre è stato il mese più negativo con una performance media del -0,65%. Tuttavia, i numeri sono fortemente distorti da due eventi shock: la crisi finanziaria del 2008 e l'impennata inflazionistica del 2022 che ha innescato la stretta monetaria della Fed.
Quelli sono stati anni in cui le azioni a Wall Street sono sprofondate, abbassando in questo modo la media generale del rendimento della Borsa. Senza questi shock, l'S&P 500 ha registrato un incremento medio dello 0,3% nel periodo considerato.
"In assenza di questi eventi esterni, settembre non è così negativo come appare, con una performance media ancora positiva", ha detto Altmann. Quindi, "le opinioni ribassiste basate esclusivamente sulla stagionalità sono in qualche modo esagerate, sebbene ci siano venti contrari in grado di far deragliare il percorso delle azioni, tipo i dati sull'inflazione incombente".
Wall Street: altri fattori contrarian
L'impatto della Fed sulla stagionalità potrebbe esercitare un peso importante, ma ci sono altri fattori negativi da domare. Tra questi l'effetto che i dazi statunitensi avranno sugli utili societari, la concentrazione del mercato azionario in una manciata di grandi società tecnologiche e l'inflazione che ancora rimane sopra l'obiettivo del 2% della Banca centrale.
Secondo Paisley Nardini, responsabile delle soluzioni multi-asset di Simplify Asset Management, "gli investitori dovrebbero considerare i deboli dati sulle buste paga con cautela invece che come un motivo per acquistare in previsione di tassi di interesse più bassi". Questo perché, con un Paese che perde posti di lavoro, "il consumatore avrà difficoltà e gli investitori dovrebbero tenere presente l'eventualità di una recessione".
David Kostin, strategist di Goldman Sachs, invece vede il fattore "scarsa ampiezza del mercato" come un'opportunità in quanto "i ritardatari, comprese le small cap, possono recuperare terreno in una prospettiva economica resiliente". Questo si aggiunge ai tagli attesi dei tassi di interesse e a una ripresa degli utili societari (
Gli analisti sorprendono: stime utili S&P 500 in rialzo), che "aumentano la possibilità che il rally si estenda".