Giornata campale venerdì scorso in Senato negli Stati Uniti, dove la proposta dei Democratici di aumentare la tassazione per finanziare il piano di spesa governativo d 3.500 miliardi ha scoperchiato una pentola che era già in ebollizione.
La questione tasse in USA è molto sentita e i Repubblicani si sono sempre mostrati coriacei nel creare un muro contro qualsiasi innalzamento che colpisce le società. Adesso però si è arrivati a un punto di svolta e urge trovare le risorse per poter sostenere un impegno così gravoso come quello infrastrutturale progettato da Joe Biden.
Il disegno di legge avanzato dal senatore Sherrod Brown con il Presidente della Commissione Finanza Roy Wyden tra l'altro stabilisce il passaggio dal 21% al 25% della tassazione alle imprese, l'aumento dell'aliquota fiscale massima generale dal 37% al 39,6% e l'introduzione di una tassa sulle plusvalenze non realizzate in caso di decesso del titolare. Un giro di vite a cui si aggiunge la ciliegina sulla torta: l'applicazione di un'accisa del 2% sui buyback azionari.
Tassa buyback azioni: quali effetti
Potrebbe essere finita la festa per i grandi dirigenti aziendali che negli anni hanno usufruito di lauti compensi grazie al riacquisto di azioni proprie delle società che rappresentavano? L'obiettivo dei due senatori promotori dell'iniziativa sulla tassazione è proprio quello di fare in modo che "Wall Street reinvesta sui lavoratori invece di spendere miliardi per aumentare i prezzi delle proprie azioni riempiendo le tasche dei dirigenti".
Affermazioni queste molto forti che troveranno consensi tra i parlamentari di sinistra, ma che accenderanno lo scontro con quelli di sponda repubblicana, i quali temono riflessi negativi sui mercati azionari. Occorre precisare che tra le azioni riacquistate verranno esentate quelle relative al finanziamento dei piani di partecipazione azionaria dei dipendenti. Il provvedimento dovrebbe portare a 100 miliardi di dollari di entrate in 10 anni, secondo i calcoli fatti da Brown e Wyden.
Ad ogni modo le grandi aziende come Apple e Microsoft non staranno di certo brindando. Cupertino negli ultimi 10 anni ha effettuato riacquisti per più di 400 miliardi di dollari, mentre il colosso informatico fondato da Bill Gates ha speso al riguardo quasi 130 miliardi di dollari nello stesso periodo. Dal 2017 a oggi le società che fanno parte dell'indice S&P 500 hanno realizzato in media 650 miliardi di dollari l'anno in buyback azionari, dove solo il 70-80% è stato finanziato facendo affidamento alle risorse di cassa, per il resto si è ricorsi al finanziamento.
Vi è inoltre un altro aspetto da considerare. Soggetti come Warren Buffett e Jeff Bezos negli anni hanno accumulato una ricchezza grazie alla formula del riacquisto delle azioni, con la tassazione sulle plusvalenze solo in caso di vendita. Ma allo stesso tempo si sono potuti finanziare senza pagare un centesimo di tasse mettendo a garanzia le proprie partecipazioni.
A prescindere da tutto, la grande paura di Wall Street è che una tassa del 2% possa fare da apripista per l'applicazione di ulteriori accise sulle transazioni finanziarie, che a quel punto potrebbero generare una fuga di capitali dal mercato americano, con relativo crollo delle quotazioni. L'ostracismo dei Repubblicani è soprattutto dettato da questo, ora poi che gli indici statunitensi viaggiano nei pressi dei massimi storici e una ricaduta potrebbe essere molto dolorosa per gli investitori e le aziende quotate.
Tassa buyback azioni: il parere degli analisti
Gli analisti nel complesso non sembrano essere molto preoccupati dalla tassazione sul riacquisto delle azioni. Per Edward Yardeni di Yardeni Research, il disegno di legge è figlio di un disperato bisogno di introiti per finanziare l'enorme mole di spesa pubblica, ma l'impatto delle operazioni di buyback sui mercati non dovrebbe essere importante.
La ragione sta nel fatto che i rialzi di questi anni delle quotazioni azionarie sono derivati principalmente da altri fattori. Infatti, se si considerano gli utili per azione in 8 anni, il ritiro delle azioni dal mercato da parte delle società ha contribuito alla crescita dei guadagni solo per l'1%.