La risalita dei rendimenti obbligazionari rischia di togliere il sonno agli investitori azionari di Wall Street. I titoli di Stato americani a 10 anni ora hanno un ritorno di circa il 4,7% e, secondo alcuni importanti istituti finanziari come Citigroup e Amundi, c'è la possibilità che quest'anno rendano fino al 5%. Quest'ultima soglia non si vede da ottobre 2023, quando l'aspettativa che la
Federal Reserve avrebbe iniziato il ciclo dei tagli ai tassi di interesse ha innescato una fase discendente.
Ciò che preoccupa il mercato è che negli ultimi anni, livelli dei rendimenti così alti sono stati il preludio per forti cali delle azioni. Già qualche segnale si è visto nell'ultimo mese, in particolare in occasione della riunione della Fed del 17-18 dicembre. Quando la Banca centrale americana ha comunicato che i tagli al costo del denaro nel 2025 sarebbero stati due e non tre come il mercato si aspettava, si è scatenato un sell-off a Wall Street di quasi 3 punti percentuali. All'indomani di un meeting della Fed, una performance così negativa non si vedeva dal 2001.
Sell-off per giunta accompagnato da un'impennata dei rendimenti dei titoli di Stato statunitensi. Anche l'inizio del 2025 non è proprio rose e fiori alla Borsa americana, con più di una seduta terminata in rosso.
"Le correlazioni tra i rendimenti azionari e obbligazionari sono tornate negative", hanno scritto in una nota gli strategist di Goldman Sachs. "Con le azioni che sono state relativamente resilienti durante il sell-off delle obbligazioni, riteniamo che il rischio di correzione a breve termine sia piuttosto elevato in caso di notizie negative sulla crescita".
Wall Street: quanto pesa l'incubo dazi
Ciò che tiene in ansia una parte degli investitori in questo momento è la prospettiva che l'insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca possa mettere in subbuglio i mercati finanziari. Il tycoon ha intenzione di andare spedito verso l'applicazione di dazi commerciali e di taglio alle tasse, il che rischia di azionare nuovamente l'inflazione.
La Fed è in una posizione attendista, ma probabilmente non esiterebbe a tenere i tassi alti per più tempo qualora le indicazioni sul carovita non fossero quelle desiderate. La battaglia per respingere l'indice dei prezzi al consumo al target di lungo periodo del 2% non è stata ancora vinta (l'ultima lettura riporta un livello del 2,7%). Le tariffe trumpiane però potrebbero complicare la situazione e convincere l'istituto guidato da Jerome Powell che il ciclo dei tagli iniziato a settembre meriti una lunga pausa.
Tuttavia, ancora prevale sul mercato uno scenario "Goldilocks", ovvero di prezzi in calo, economia resiliente e graduale allentamento monetario. Secondo alcuni esperti di mercato, tutto sommato Wall Street sta ignorando le pressioni inflazionistiche che potrebbero scaturire dalle politiche della nuova amministrazione Trump, confidando invece nella tenuta dell'economia americana.
"Il mercato è molto rialzista sui miglioramenti della produttività negli Stati Uniti e non ha quasi alcuna preoccupazione per l'escalation dei dazi", ha dichiarato Gerry Fowler, strategist di UBS.