Continueranno a salire le azioni americane? È una domanda questa che ormai quasi tutti gli investitori si fanno ripetutamente. Da tempo i più catastrofisti preannunciano una fine imminente del grande rialzo che dura da un decennio. A quanto pare però nemmeno il peggiore dei cigni neri come quello del Coronavirus è riuscito a mettersi di traverso al cammino dei titoli azionari.
Vero che la presenza della Federal Reserve ha rappresentato una diga granitica contro gli scenari anche più apocalittici, però sta di fatto che i mercati borsistici statunitensi hanno tenuto botta più di chiunque altro. Se si fa un raffronto infatti, nell'ultimo decennio il rendimento dell'indice S&P 500 ha reso in media il 13% annuo, considerando il reinvestimento dei dividendi.
La stessa cosa non si può dire ad esempio per l'indice londinese FTSE 100 che addirittura ha avuto un rendimento inferiore rispetto al decennio precedente, così come lo Stoxx Europe 600 è rimasto al di sotto del picco dell'era dot-com. In Asia, l'indice giapponese Nikkei 225 ha raggiunto il suo picco nel 1989 e rispetto ad oggi ha un surplus di performance del 40%.
In realtà quindi, se si guardano con attenzione i dati, il grande rally azionario è una cosa che riguarda essenzialmente il mercato americano, trainato soprattutto dal rendimento eccezionale dei titoli tecnologici.
Azioni USA: 4 motivi per vendere
Il punto ora è se, alla luce di un nugolo di incertezze che riguardano l'economia americana tormentata dalla pandemia e dagli scenari politici delle elezioni, il viaggio delle azioni sia prossimo a raggiungere il capolinea. Nulla dura in eterno ovviamente e qualcuno ha già richiamato alla memoria eventi passati inquietanti che fanno presagire la catastrofe, dopo anni e anni di prodigiosi rialzi.
Solo pochi giorni fa si è celebrato il 91esimo anniversario del Big Crash di Wall Street del 1929 che, per alcuni, avrebbe delle similitudini con la situazione attuale. Per questo, raccogliendo impressioni di vari analisti, abbiamo individuato 4 fattori che potrebbero porre fine alla crescita di Wall Street:
1. Multipli elevati e azioni costose
Quando i rendimenti passati sono troppo alti, allora bisogna stare attenti alle prospettive future. Parafrasando John Hussman, famoso gestore di portafoglio, si rende l'idea di come attualmente i corsi azionari probabilmente non rispecchino i fondamentali delle aziende. Lo si vede dai multipli azionari che sono più alti della media storica, ovvero con un prezzo di circa 20 volte l'utile. Niente a che vedere con la cifra dell'epoca delle dot-com, dove il rapporto price/earnings aveva raggiunto quota 70, ma comunque potrebbe essere questo un campanello d'allarme da non sottovalutare. Alcune società che hanno corso tantissimo come Tesla e Apple ad esempio, hanno optato per lo split azionario in modo da continuare a viaggiare a vele spiegate. Ma non è detto che basti.
2. Tassi di interesse troppo bassi
Sembra un ossimoro, in quanto tassi bassi significa accesso più facile al finanziamento e quindi maggiore propensione all'investimento azionario. Eppure ci sono almeno due fattori che sono contro le azioni: il primo riguarda il fatto che la FED non potrebbe ulteriormente far leva sul costo del denaro per rilanciare gli investimenti, visto che i tassi sono già a zero; il secondo attiene alle prospettive economiche negative riflesse dai rendimenti minimi, perché tra gli operatori aleggerebbe un certo pessimismo.
3. Aumento della concorrenza e riduzione dei margini di profitto
Una parte dei rialzi azionari di questi anni è stata determinata dal fatto che le Big Tech hanno operato in una situazione di monopolio di fatto, ottenendo margini di profitto notevoli. Negli ultimi tempi l'atteggiamento più rigoroso dell'Antitrust ha gettato le basi per lo sviluppo di una maggiore concorrenza aziendale da parte di altri competitor e giocoforza per un maggiore assottigliamento dei margini di guadagno. Questo andrebbe a impattare sui risultati aziendali e di conseguenza sul valore azionario rappresentativo.
4. Invecchiamento della popolazione
Una popolazione più vecchia purtroppo è un fattore che riguarda un pò tutto il Mondo e di cui il popolo statunitense non può esimersi sebbene, occorre dire, che gli USA invecchiano in maniera meno rapida rispetto ad altre Nazioni. Però è innegabile che, con l'avanzare dell'età, un investitore tende ad esporsi di meno dal punto di vista finanziario, cercando di effettuare semmai investimenti protettivi che mirano magari a integrare la pensione. Inoltre l'impatto sull'economia reale di una popolazione meno giovane sarebbe quello di minore produttività e di conseguenza di più bassa crescita economica. Questo a sua volta andrebbe a riflettersi sulle quotazioni azionarie che assorbono sempre l'andamento dell'economia.