Ancora frizioni tra UniCredit e Commerzbank in merito al tentativo della banca italiana di appropriarsi del rivale tedesco. Le lettere recentemente inviate dall'Amministratore delegato di UniCredit
Andrea Orcel al cancelliere tedesco
Friedrich Merz per convincere il governo a un accordo non sono piaciute al vice presidente del Consiglio di sorveglianza di Commerzbank,
Sascha Uebel. Ribadendo il suo no al tentativo di scalata di Gae Aulenti, Uebel ha dichiarato che il prossimo passo di Orcel "dovrebbe essere quello di vendere la sua quota, incassare gli utili e tornare a casa".
UniCredit attualmente detiene il 28% della banca con sede a Francoforte sul Meno e ha ricevuto tutte le autorizzazioni regolamentari per arrivare fino al 29,9%, soglia oltre la quale scatta l'offerta pubblica di acquisto obbligatoria. La quota è solo per il 9,5% attraverso una forma diretta, mentre per il resto è posseduta per tramite dei derivati.
La partecipazione è considerata dal secondo istituto italiano come un investimento finanziario, per ora, e non come strategia per un'acquisizione completa. Tuttavia, nelle lettere inviate al governo tedesco, Orcel ha scritto che una fusione sarebbe "economicamente, socialmente e politicamente" vantaggiosa per entrambe le banche, creando "un nuovo campione bancario nazionale per la Germania".
Da Berlino però solo levate di scudi, già da quando UniCredit ha cominciato a costruire la sua partecipazione lo scorso settembre in occasione di un collocamento dello Stato attraverso la procedura dell'accelerated bookbuilding. Le preoccupazioni delle istituzioni tedesche sono riferite al fatto che la politica bancaria del gruppo combinato sarebbe a trazione italiana.
Ciò farebbe venire meno il ruolo di Commerzbank come sostenitore finanziario delle piccole e medie imprese tedesche, che rappresentano la spina dorsale dell'economia del Paese. Inoltre, subentrano anche questioni legate all'occupazione che sono state sollevate dai sindacati tedeschi. Finora, a poco sono valse la rassicurazioni di Orcel, che alla fine potrebbe essere costretto a ritirarsi.
UniCredit: come andrà a finire con Commerzbank?
A questo punto ci si chiede quanta convinzione ci sia dietro l'impegno di voler costruire un colosso paneuropeo attraverso una combinazione di tale portata. Gli analisti di AlphaValue dipingono quattro scenari possibili.
Il primo è quello più ottimistico, ossia del lancio di un'Opa su Commerzbank. Tuttavia, lo ritengono poco probabile, per quanto ciò "potrebbe aumentare il valore di UniCredit fino al 15%".
Il secondo scenario, ritenuto più plausibile, è quello in cui la banca italiana ricopre il ruolo di azionista strategico, svolgendo una funzione di influenza nella politica gestionale dell'istituto tedesco.
Il terzo scenario è quello di ritirarsi dall'affare. Gli analisti lo ritengono il più probabile e senza alcun impatto sui parametri di UniCredit.
Infine, ci potrebbe essere una fusione tra Commerzbank e Hvb (HypoVereinsbank), quest'ultima facente parte del gruppo UniCredit, con Orcel che si troverebbe a possedere il 65% dell'entità risultante. Per quanto suggestiva, però, l'ipotesi dovrebbe tener conto del fatto che "UniCredit sosterrebbe il 100% del rischio con solo il 65% dei profitti", hanno osservato gli analisti di AlphaValue.
Commerzbank: in arrivo SRT per liberare capitale
Intanto Commerzbank cerca di sbloccare capitale nel tentativo di respingere l'assalto di UniCredit valutando l'emissione di un SRT (Significant Risk Transfer) legato a 2 miliardi di euro di prestiti, secondo persone informate della questione. Gli SRT sono operazioni finanziarie di cartolarizzazione attraverso cui le banche trasferiscono il rischio di credito associato a un portafoglio di prestiti a terzi, senza cedere la proprietà dei crediti stessi.
Questo permette alle aziende di credito di liberare capitale e ridurre l'esposizione al rischio. La dimensione dell'SRT sarebbe di circa il 6,9% del portafoglio di riferimento, ovvero circa 140 milioni di euro. Commerzbank da tempo utilizza gli SRT, ma l'obiettivo in questo momento è quello di cercare di mantenere l'indipendenza dell'istituto.