Le sanzioni occidentali comminate alla Russia dopo l'invasione dell'Ucraina non hanno fermato il produttore statale di petrolio Rosneft, che pagherà un dividendo record riferito all'anno 2021. La cedola corrisponderà a 23,63 rubli per azione nella parte finale, il che significa che il pagamento totale sarà di 41,66 rubli. L'esborso complessivo arriverà a 441,5 miliardi di rubli, pari a 7 miliardi di dollari, con un payoff del 50%.
Tutto quanto è stato reso possibile dal rialzo straordinario dei prezzi del petrolio, che oggi hanno superato i 120 dollari al barile per la prima volta da circa 2 mesi. L'incertezza derivante dalla fornitura russa e il tentativo da parte dell'Unione Europea di stabilire l'embargo sul greggio proveniente da Mosca hanno favorito il rally energetico, facendo il gioco di compagnie come Rosneft, che a febbraio ha registrato un reddito netto annuale di quasi 7 volte rispetto all'anno precedente.
Rosneft: un ente statale sempre più isolato
Quello che è accaduto a Rosneft ha dello straordinario, perché le difficoltà sono state numerosissime con le sanzioni imposte dall'Occidente. È vero che nel periodo solo Stati Uniti e Regno Unito hanno vietato le importazioni di petrolio russo, mentre l'Europa ha dovuto fare i conti con forti resistenze interne provenienti soprattutto da Paesi che verrebbero maggiormente danneggiati, come Ungheria e Slovacchia. È altrettanto vero, però, che molte compagnie hanno imposto una sorta di auto-sanzionamento evitando le forniture russe. Questo per le note difficoltà ad assicurarsi finanziamenti, spedizioni e quant'altro con le sanzioni in corso.
Tutto ciò ha portato la produzione complessiva di oro nero della Russia a scendere di 1 milione di barili al giorno nel mese di aprile. Tuttavia, la situazione sembra temporanea, poiché già a maggio vi è stato un recupero di 200-300 mila barili giornalieri, con la situazione in miglioramento allorché molti venditori russi sposteranno l'output verso l'Asia.
Rosneft è al momento responsabile del 40% della produzione di greggio russo e, secondo i dati del Ministero dell'Energia, insieme alle sussidiarie costituisce due terzi dei tagli alla produzione complessiva del Paese. Sotto questo profilo, la situazione si mette male, perché dalla metà di questo mese in UE e in Svizzera i commercianti di materie prime non possono più vendere barili di Rosneft in ogni Paese del mondo. Inoltre, nel mese di febbraio, British Petroleum ha annunciato l'intenzione di vendere la sua partecipazione di quasi il 20% nel gigante del greggio con sede a Mosca, a testimonianza del fatto che l'ente statale sta diventando sempre più isolato.