La privatizzazione della Banca del Monte dei Paschi di Siena non può essere rinviata. È questo in sintesi il messaggio lanciato da parte del Ministro dell'Economia, Daniele Franco, nell'audizione tenuta davanti alle Commissioni di Camera e Senato. L'ipotesi quindi di una richiesta di proroga all'UE, avanzata in questi giorni viste le difficoltà di giungere a un accordo con eventuali partner, non sembra al momento presa in considerazione.
Secondo il Ministro, la cessione del Monte dei Paschi è una questione di serietà nei confronti degli impegni presi da parte delle istituzioni. Questo non significa che verrà effettuata una svendita totale, ma saranno attentamente valutate tutte le possibilità sul piatto.
Probabilmente occorrerà una grande operazione di rafforzamento del capitale, che scavalchi i 2,5 miliardi stabiliti dal piano industriale 2020-2025, dal momento che gli stress test della BCE hanno relegato la Banca tra le peggiori tra tutti gli istituti di credito europei. Inoltre la Commissione UE potrebbe imporre un taglio degli esuberi ben più consistente rispetto alle 2.500 unità previste.
MPS: non solo UniCredit per l'M&A
Dal punto di vista strategico, la fusione con UniCredit sarebbe la soluzione perfetta, magari con l'ingresso del MEF nel capitale della seconda banca italiana. In tal caso potrebbero essere messi a disposizione 1,5 miliardi di euro stanziati nel Decreto Legge di agosto in un'operazione che racchiude l'aumento di capitale. Quest'ultimo verrebbe inserito nell'ambito della valorizzazione dei beni trasferiti al gruppo guidato da Andrea Orcel.
Il Ministro Franco ha però precisato che, se le nozze con UniCredit non dovessero realizzarsi, a quel punto saranno vagliate altre soluzioni, ma di certo non si opererà una svendita della banca. La banca guidata da Orcel ha ancora 40 giorni di tempo per esaminare i libri contabili e per prendere una decisione. Ricordiamo che dopo il primo salvataggio del 2009, negli anni il Governo ha tentato diversi approcci per trovare una partnership adeguata, soprattutto per evitare lo scioglimento della banca più antica del mondo. Adesso il Tesoro possiede oltre il 64% dell'istituto e deve uscire dal capitale entro la fine del 2021.
Allo stato attuale la situazione è ancora bloccata, perché UniCredit ha posto delle condizioni particolarmente onerose, tra cui il taglio di 6.000 posti di lavoro. Le parti comunque hanno concordato una bozza secondo la quale Gae Aulenti verrebbe esonerata dai 4 miliardi di sofferenze bancarie di MPS e di eventuali cause legali straordinarie, oltre ad avere uno scudo su potenziali rischi di credito.
Queste condizioni non sono state accolte positivamente da alcuni esponenti della maggioranza di Governo, soprattutto di sponda pidiessina, preoccupata che la perdita di influenza della banca e la riduzione del personale si ripercuotano sulla presenza del PD in Toscana.
MPS: per i contribuenti sarà un conto salato
UniCredit o no, il conto alla fine sarà ancora una volta salato per i contribuenti. Il salvataggio del 2017 voluto dal Governo Gentiloni fu un bagno di sangue, essendo costato 5,4 miliardi di dollari. Oggi, tra la dote fiscale di 2,2 miliardi, l'aumento di capitale per circa 1,5 miliardi e tutti i costi a carico relativi agli esuberi degli impiegati nella banca e alle sofferenze in bilancio, il prezzo da pagare potrebbe essere ancora più alto.
Stavolta però dovrebbe essere l'ultimo, una volta che lo Stato si defilerà definitivamente da Piazza Salimbeni. Il titolo della banca senese in Borsa intanto continua a scendere, avendo perso oltre il 10% nelle ultime 3 sedute. Oggi ha iniziato le contrattazioni con un rialzo di oltre l'1%.