Nell'ottava appena passata si è assistito ad un pesante ribasso, specie per i listini USA. Il NASDAQ ha pagato il maggior prezzo per l'attuale situazione geopolitica in essere e delle preoccupazioni per i prossimi interventi della Federal Reserve sui tassi di interesse.
Il denaro si sta spostando dai mercati azionari, alla ricerca di un altro rifugio più sicuro. In Europa una improbabile ma possibile invasione delle truppe russe in Ucraina potrebbe incrementare la volatilità. Sul lato italiano invece la partita per il Quirinale potrebbe appesantire i listini italiani, che fino ad ora hanno retto meglio alle vendite.
Questa appare la tipica situazione in cui la politica entra a gamba testa sui mercati per condizionarne l'andamento. Le prossime settimane saranno cruciali per definire la conferma o la fine dell'uptrend in atto.
Materie prime: crescono i prezzi di oro e petrolio
Il mercato delle materie prime continua a mostrare segnali di forza. L'indice CRB si è portato a 248 punti: questo certifica che l'inflanzione non sia un fenomeno transitorio ma sia qui per restare. Crescono anche il petrolio Brent e l'oro, arrivati rispettivamente a 88 dollari al barile e a 1.835 dollari l'oncia.
A mio avviso l'aumento di queste due commodity ha una valenza diversa: la crescita del petrolio alimenta la corsa dell'indice dei prezzi al consumo, specie negli USA. L'aumento del metallo giallo è invece da collegare alla sua valenza di bene rifugio.
Le criptovalute, che nelle idee di molti avrebbero dovuto soppiantare il prezioso come hedging per i portafogli, stanno fallendo miseramente segnando pesanti e continui ribassi.
Mercato obbligazionario: inflazione e politiche monetarie al centro dell'attenzione
Nella settimana appena trascorsa, il mercato obbligazionario è stato condizionato dalle indiscrezioni che si susseguono sui futuri comportamenti delle maggiori Banche centrali. Stiamo assistendo ad una sempre maggiore differenza tra le politiche monetarie nelle due sponde dell'Oceano, che fino ad ora erano state ben allineate.
Negli USA, l'inflazione galoppante non può essere tollerata dall'Amministrazione Biden, che dovrà presto fare i conti con le elezioni di medio termine di novembre. In Europa invece, Christine Lagarde si dimostra ottimista, sostenendo che il rialzo dell'indice dei prezzi al consumo è frutto di una saana crescita economica. Pertanto la Governatrice della BCE non prevede rialzi nel costo del denaro nel 2022.
È possibile che da ora in poi gli istituti centrali si muovano in ordine sparso sulla scorta di necessità locali, come sta già accadendo in Cina dove i tassi reali sono stati ridotti per prevenire una crisi del mattone. Il BTp decennale rende l'1,35%, mentre il T-Bond chiude a 1,77%.
Mercato valutario: focus sulle tensioni tra Russia e Ucraina
Il cambio EUR/USD ha chiuso la settimana rafforzandosi a 1,134 e, a mio avviso, continuerà con ogni probabilità a farlo nel caso in cui la situazione precipitasse a causa delle tensioni tra Russia e Ucraina. A cascata ci sarebbe poi un confronto tra USA ed Europa per fronteggiare Putin, che alza continuamente la posta in gioco consapevole della debolezza politica dei componenti dell'UE. Non dimentichiamo poi che il dollaro americano è considerato bene rifugio.
Franco Bandelli - www.finanzairriverente.com