I prezzi delle materie prime continuano a crescere con poche soste, soprattutto con riferimento al settore energetico. La guerra Russia-Ucraina ha fatto schizzare le quotazioni del petrolio ai massimi dal 2008 nei giorni scorsi, mentre il prezzo del gas naturale in Europa è arrivato a livelli insostenibili. Gli investitori sono fortemente preoccupati che l'escalation delle tensioni tra Russia e Occidente, che sfocia in sanzioni ancora più dure, possa generare un'ulteriore rialzo dei prezzi. Ciò infatti potrebbe avere effetti drammatici soprattutto per il Vecchio Continente, fortemente dipendente dalle forniture di Mosca.
Non è però solo l'andamento dei combustibili a destare preoccupazioni, ma anche di quei beni di cui i 2 Paesi in guerra sono grandi produttori ed esportatori, come il grano e il mais nell'ambito dei prodotti alimentari, il palladio, il platino e l'alluminio per quel che concerne i processi industriali soprattutto nel settore delle auto.
Questi rincari delle materie prime però non si sono tradotti in maggiori guadagni dei titoli nei mercati emergenti. Questi ultimi dovrebbero apprezzarsi per il semplice fatto che sono sensibili ai prezzi delle materie prime, esattamente come il NASDAQ è legato alle aziende ad alto contenuto tecnologico. In verità non sta accadendo questo, anzi.
In base a un'analisi di TS Lombard, società di consulenza di previsioni macroeconomiche con sede a Londra, l'indice MSCI Emerging Markets Latin America è salito quest'anno del 14%, invece avrebbe dovuto crescere del 18%. Addirittura l'indice MSCI Emerging Asia è sceso di circa il 12%, mentre avrebbe dovuto aumentare dell'11% in questo 2022. In sostanza, per ogni punto percentuale in cui aumenta il prezzo delle materie prime, gli indici dei mercati emergenti dovrebbero avere un guadagno maggiore di quello ottenuto finora.
Questo in base alla misurazione della volatilità e della sensibilità con le materie prime. Ovverosia se l'indice dell'America Latina è volatile per il 67% esattamente come l'indice delle materie prime, dovrebbe avere un rialzo del 18% e se l'indice asiatico è volatile per il 41% proprio come l'indice delle materie prime dovrebbe salire dell'11% e non essere in perdita del 12%.
Mercati emergenti: perché non crescono come le materie prime
Perché di fatto sta succedendo questo? La risposta sta tutta nel mercato della domanda e dell'offerta. In genere prezzi più alti indicano che la domanda si sta rinforzando. Quello che sta accadendo nel mercato delle materie prime non è questo.
L'impennata di queste ultime è determinata da uno shock dell'offerta e non da una forte domanda. Se Stati Uniti e Gran Bretagna mettono l'embargo sulle importazioni di petrolio e gas naturale stanno andando a colpire l'offerta, mentre di fatto la domanda rimane la stessa. Stesso discorso se la Russia tronca le forniture con i Paesi occidentali.
Tutto questo si traduce nel medio-lungo termine in una distruzione della domanda e quindi in un calo degli utili attesi delle società. Il fatto spiega il motivo per cui le azioni delle società dei mercati emergenti perdono di valore o non aumentano tanto quanto è la crescita delle materie prime a cui sono legate.
In definitiva, comprare le azioni di quei Paesi solo perché il prezzo dei beni che tali Nazioni producono sta andando alla stelle potrebbe essere un clamoroso errore, o comunque non ripagare per quelle che sono le aspettative.