Leonardo sotto i riflettori a Piazza Affari. Il Cda della società attiva nel settore della difesa ieri ha dato l’OK al progetto di quotazione di DRS. Il 19 febbraio Leonardo, su richiesta della Consob, aveva ammesso di avere in esame la possibile quotazione di DRS, "per creare valore per gli azionisti".
Secondo fonti di stampa, Leonardo punterebbe a incassare 1 miliardo di euro cedendo una quota del 25/30% senza emissione di nuove azioni, che implicherebbe una valutazione del 100% di DRS. Vediamo i dettagli.
Leonardo, DRS: valutazione attorno ai 3 miliardi
La valutazione di DRS, attiva nell'elettronica per la Difesa con una media di ricavi annuali per circa 2 miliardi di dollari, si aggira intorno ai 3 miliardi di euro. Per Banca Akros, per esempio, si arriverebbe, al cambio attuale, a 3,5 miliardi di euro. Il potenziale incasso per Leonardo oscillerebbe tra 750 milioni e un miliardo di euro. Secondo Il Sole 24ore, Leonardo potrebbe utilizzare parte dei proventi per acquisizioni.
Il ritorno al NYSE è soprattutto un'operazione finanziaria: con gli attuali fondamentali economici torna ad avere senso e non cambierà nulla a livello di governance e di rapporti interni. L’IPO di DRS è positiva per il titolo in quanto ridurrebbe il debito (2,2x net debt/EBITDA) e cristallizzerebbe un valore non riconosciuto nella Somma delle parti con il 100% di Drs posseduto da Leonardo.
Per la controllata americana si tratterebbe in realtà di un ritorno sul listino, visto che al momento dell'acquisizione da parte dell'allora AD Pier Francesco Guarguaglini la società era quotata ed era stata delistata poco dopo il passaggio di proprietà.
L'alternativa, secondo le indiscrezioni raccolte dall'agenzia Reuters, potrebbe essere la vendita diretta della partecipazione di minoranza a un investitore privato, ma il piano B scatterebbe solo nel caso in cui l'IPO non raggiungesse il prezzo previsto.
DRS, Leonardo: una storia che parte dal 2008
Nel 2008 Finmeccanica annunciò il 12 maggio l’accordo per l’acquisto di DRS a 81 dollari per azione. Era il momento del passaggio tra il governo Prodi e Berlusconi, il cui ministro dell’Economia Tremonti mostrò disappunto per essere messo di fronte al fatto compiuto. Ma poi approvò l’aumento di capitale di 1,2 miliardi (a 8 euro per azione) per dotare Finmeccanica delle risorse per l’acquisto, completato il 22 ottobre 2008.
Non ci sono state però le sinergie industriali che Finmeccanica aveva immaginato tra DRS e le sue aziende italiane. Dato il ruolo strategico di DRS, le sue attività sono state schermate con la proxy. L’ex Finmeccanica poteva dare indicazioni al management, che è americano e indipendente dal board italiano, ma non dal Pentagono.
Pier Francesco Guarguaglini, che è stato AD del gruppo fino al 1° dicembre 2011, aveva limitato la parte proxy a circa un terzo di DRS. Nella successiva gestione Giuseppe Orsi ha accettato la richiesta americana di aumentare proxy al 100%. Così la distanza di DRS da Leonardo è aumentata.
Da Guarguaglini in poi, tutti i precedenti CEO di Leonardo hanno preso in considerazione la cessione di una quota di minoranza della società, ostacolata a più riprese dalle condizioni di mercato o dalla complessa governance societaria rappresentata dal Trustee. Ma solo oggi, con Alessandro Profumo, l'ipotesi si è concretizzata.