Nel mondo dell’auto italiano il nome di Andrea Pirillo è familiare a chiunque segua il settore su YouTube e social. Con centinaia di migliaia di follower e un’esperienza diretta con case automobilistiche, moto e auto di ogni fascia, dalla citycar alla supercar, Pirillo è un osservatore privilegiato di un’industria che, dal 2018, sta cambiando pelle. A partire da un suo video diventato virale sulle “auto cinesi” e dalla conversazione che ne è seguita, proviamo a mettere in fila i fatti e a tradurli in spunti d’investimento.
1) Cosa sta succedendo all’auto: domanda che scende, offerta che cambia
Il dato di partenza è semplice: dal 2018 le immatricolazioni globali calano. In parallelo cresce, dal 2016-2017 in poi, la quota dei veicoli elettrici. Perché si vende meno?
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Urbanizzazione e mobilità condivisa. In città come Milano la disponibilità di metro, treni, scooter e car sharing (Enjoy, ecc.) riduce l’urgenza di possedere un’auto. Sempre più under 20 ritardano a prendere la patente, sapendo che le regole per i neopatentati durano tre anni.
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Costo/opportunità del possesso. Tra traffico, sosta e assicurazioni, per tanti utenti il pay-per-use è più razionale dell’acquisto.
Il risultato è una domanda più selettiva: si compra meno “per status” e più “per funzione”, mentre l’offerta spinge verso l’elettrico.
2) Europa sotto pressione: limiti CO₂ e scelte industriali
Dal 1° gennaio 2025 le case europee devono rispettare limiti medi di CO₂ più stringenti e vendere quote crescenti di veicoli a basse o zero emissioni, pena sanzioni. La conseguenza non è solo tecnologica, ma di portafoglio prodotti.
L’esempio che emerge con forza è Porsche. Per tenere la media emissioni bassa e continuare a vendere 911, il marchio ha spinto su Taycan e ha trasformato Macan, per anni porta d’ingresso e best seller del brand, in solo elettrica. La risposta del mercato, però, non ha replicato i successi della termica: vendite sotto attese e percezione di un equilibrio economico più delicato. Quando sposti il modello che “fa i volumi” su una tecnologia che richiede sconti/incentivi per vendere, i margini, come ci mostra il Forecaster, ne risentono.
Domanda chiave: l’elettrico è “sì” o “no”?
La risposta di Pirillo è “sì, ma”: è perfetto se percorri <300 km al giorno e ricarichi a casa/box. Per molti utenti urbani senza box, o per chi fa autostrada e tempi serrati, le soste di ricarica diventano un costo di tempo non banale. La guida resta piacevole, ma l’uso reale conta più della scheda tecnica.
Altro pezzo del puzzle: incentivi e flotte. Il boost alle immatricolazioni elettriche deriva in parte da flotte aziendali “obbligate” al low-emission e da contributi che possono abbassare un listino da 50 a 38 mila euro. È domanda “elastica” al bonus: se sparisce, la curva si affloscia.
Fonte: Forecaster.biz
3) L’onda cinese: BYD, Geely & co. tra prezzo, rete e qualità
Il video di Pirillo da Dubai ha mostrato uno scenario che in Europa vediamo arrivare: decine di showroom monomarca cinesi e una proposta prodotto che punta a tecnologia e valore. Alcune osservazioni pratiche:
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Pro di prodotto. Infotainment ricco, grandi schermi, dotazioni piene “di serie”, comfort e prezzo aggressivo.
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Cons attuali. Tarature di sospensioni e assetto spesso non perfette per le nostre autostrade; sopra i 100-130 km/h emergono limiti su asperità/giunti. Sono gap che i brand stanno colmando rapidamente, ma vanno conosciuti.
Rete & ricambi. BYD sta aprendo concessionarie in Italia a ritmo sostenuto. Nella fase di ramp-up è possibile qualche attesa per i pezzi, specie con domanda superiore alle unità in arrivo. È uno dei motivi per cui molti scelgono noleggio a lungo termine: canone fisso, auto sostitutiva, rischio operativo trasferito.
Prezzi e sussidi. Il vantaggio di costo è anche frutto del supporto pubblico domestico. Ciò consente politiche aggressive, ma pone una domanda per l’Europa: cosa succede quando la concorrenza spinge prezzi e sconti su fasce sotto i 40.000 €?
La tesi di Pirillo è netta: il mercato europeo si polarizza. Sopra, i premium veri (Mercedes, BMW, Audi top, supercar). Sotto, prodotti tecnologici ed economici per l’uso quotidiano. In mezzo, la vecchia “compatta generalista ben accessoriata”, la competizione cinese può erodere quote in fretta.
Un caso concreto: BYD Seal U DM-i (ibrida). Pirillo l’ha scelta in famiglia: trazione anteriore/posteriore, dotazioni complete (tetto panoramico incluso), prezzo reale intorno ai 36 mila con incentivi. È l’emblema della proposta “razionale”: ibrido ricaricabile che si ricarica anche col termico in marcia, muovendosi in elettrico in città senza vivere pensando alla colonnina.
Fonte: Forecaster.biz
4) Lusso “da bilancio”: perché Ferrari è un caso a parte
Ferrari gioca un altro sport. Più che “auto per andare al lavoro”, sono beni di lusso: uso medio <5.000 km/anno e una gestione della domanda basata su community, storicità e scarsità.
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Scala di accesso. Modelli di gamma, poi versioni speciali su invito. La versione speciale spesso si rivaluta già dopo l’acquisto: è un “affare” che il marchio concede ai clienti più fedeli per cementare la relazione.
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Pricing power. Se aumentano dazi o costi, la strategia è semplice: si alzano i listini. Il cliente Ferrari non è iper-sensibile al prezzo e i margini possono rimanere elevati, anzi, elevatissimi e il Forecaster lo dimostra.
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Economia “da gioielleria”. Margini a doppia cifra molto alti e ricavi stabili, con la possibilità, se serve “fare numero”, di lanciare serie speciali. È il motivo per cui molti investitori italiani la considerano core holding: quando scende per fattori esterni, la tesi resta intatta.
Fonte: Forecaster.biz
5) Usato, generalisti e dove cercare valore
Il mercato dell’usato c’è sempre stato e ci sarà. Pirillo però non vede un boom strutturale nei prossimi 10 anni: più probabile una tenuta “alta” rispetto al passato che un’esplosione. Può crescere la qualità media dell’usato desiderato (diesel/benzina affidabili per chi non può ricaricare), ma resta un settore di rotazione e capitale: più cassa hai, più auto puoi trattare.
Sul fronte generalisti europei, il tema è l’esposizione alla fascia media più attaccata dal prezzo cinese e dagli incentivi che vanno e vengono. È qui che vediamo grafici “duri” quando gli utili si comprimono. Lato opportunità di Borsa, diventano cruciali:
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Mix prodotto (quante ibride “sensate” per chi non ricarica a casa?)
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Capex e debito (quanto costa la transizione)
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Pricing e scontistica (quanto devi cedere per fare volumi)
C’è spazio anche per storie di nicchia nell’ecosistema usato e nel retail digitale: modelli che hanno beneficiato delle strozzature post-2020 e ora puntano a efficienza e utile “vero”. Ma sono casi da leggere bilancio alla mano: margini sottili, logistica e working capital sono il cuore del rischio.
Conclusioni operative: come muoversi da investitori
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Parti dall’uso reale, poi guarda il titolo. L’elettrico funziona benissimo per certi profili d’uso (≤300 km/dì + ricarica domestica). Se un brand spinge EV su un modello “di massa” senza quel cliente tipo, aspettati margini sotto pressione.
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Europa: scegli chi ha baricentro chiaro. Più ibrido “conveniente” oggi, meno bet “tutto-elettrico” domani, rete commerciale in salute e disciplina sugli sconti.
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Cina: allo scoperto ma con paracadute. Riconosci il valore (dotazioni/prezzo), ma pretendi prove su qualità, rete, ricambi e residuali. Il noleggio a lungo termine è un modo per esporsi al tema riducendo rischi operativi.
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Lusso puro: tesi di lungo periodo. Ferrari resta un unicum: community, scarsità, potere di prezzo. Qui l’analisi è più da “beni di lusso” che da “auto”.
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Usato: selettivo. Modelli che hanno dimostrato di saper girare il capitale, ridurre perdite e passare in utile meritano monitoraggio; il ciclo aiuta, ma non perdona inefficienze.
In sintesi: il mercato si polarizza. In alto i marchi-icona che vendono desiderio; in basso prodotti intelligenti, completi e dal giusto prezzo (spesso cinesi). Nel mezzo, per i generalisti europei, è gara di execution. L’investitore che separa la “narrazione” dall’uso reale e dai numeri, oggi, ha un vantaggio.
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