Il 2025 è stato finora un anno da record per i mercati azionari globali, ma ha lasciato una domanda che sta diventando un assillo e probabilmente lo sarà anche nel 2026: c’è una bolla dell’intelligenza artificiale? Se così fosse, a quel punto ci sarebbe da chiedersi quando arriverà il momento in cui esploderà e quali effetti causerà sui mercati finanziari.
Le opinioni sono divise. Alcuni membri della comunità finanziaria sono convinti che l’AI abbia lo stesso ruolo di Internet durante la bolla delle dot-com alla fine dello scorso millennio e che, quindi, l’effetto dello scoppio sarà deflagrante. Altri, invece, ritengono che la nuova tecnologia sia ancora all’inizio del suo sviluppo e dunque le azioni in Borsa abbiano ancora margine di crescita prima di una correzione, che comunque non sarà disastrosa come si teme.
Intelligenza Artificiale: come accorgersi di una bolla
Sul dibattito si è espresso, sulle colonne del Financial Times, Ruchir Sharma, presidente di Rockefeller International, società di gestione degli investimenti con sede a New York. A suo avviso, ci sono quattro elementi per individuare una bolla dell’intelligenza artificiale.
Il primo è la “sovravalutazione”. Sharma osserva come nelle grandi bolle degli ultimi cinquant’anni, si sia verificato un aumento dei prezzi azionari, al netto dell’inflazione, di dieci volte nell’arco di 10-15 anni. Questa statistica è rispettata anche oggi, perché le azioni tecnologiche americane hanno raggiunto tale soglia. A questo si aggiunge un altro dato allarmante: la probabilità di un crollo superiore al 50% aumenta quando le azioni tecnologiche sovraperformano il mercato generale di oltre il doppio in un periodo di due anni. E i titoli legati all’AI sono ormai in prossimità di quel livello. In breve, attualmente le azioni statunitensi si trovano su livelli talmente elevati da far pensare a una valutazione eccessiva, prossima a sgonfiarsi, se la storia rappresenta una guida attendibile.
Il secondo elemento è la “sovraproprietà” delle azioni. I titoli statunitensi sono particolarmente ricercati dagli investitori. Anche in questo caso, la statistica fa suonare un campanello d’allarme: la quota di azioni detenuta dalle famiglie americane sul totale del portafoglio investito si trova a un record del 52%, superando il picco del 2000.
Il terzo segnale è il “sovratrading”. La febbre dell’AI sta spingendo gli investitori verso un’attività di trading eccessiva. Sharma osserva come, negli ultimi cinque anni, il numero di azioni scambiate ogni giorno a Wall Street sia aumentato del 60%, raggiungendo quota 18 miliardi. In pratica, “se il mercato azionario scende in un dato giorno, gli investitori retail comprano impulsivamente il giorno successivo”, sottolinea l’esperto. In particolare, le azioni tecnologiche sono nel mirino dei trader, con il volume di capitale impiegato che ha superato il 6% del PIL americano, oltrepassando il record del 2020.
Infine, vi è la “sovraleva”, che accresce la possibilità che sia in atto una bolla. Molti fondi stanno prendendo in prestito denaro per amplificare i loro acquisti azionari. Nell’ultimo decennio, gli ETF a leva sono aumentati a dismisura e l’aspetto più preoccupante è che siano facilmente accessibili anche agli investitori retail.
Quando scoppierà la bolla?
Warren Buffett diceva che per ogni bolla c’è uno spillo che la attende al varco. Specialmente quando essa si trova in una fase avanzata, si tratta solo di prevedere il momento in cui avverrà lo scoppio. La storia, però, dimostra che non è facile individuare né il punto esatto né il fattore scatenante. In molti casi, a innescare la miccia è stato l’aumento dei tassi di interesse e il restringimento delle condizioni finanziarie.
La Federal Reserve, tuttavia, è ancora nella fase di riduzione del costo del denaro. Quindi, sotto questo aspetto, non dovrebbero esserci grosse preoccupazioni. Sharma sostiene che la bolla sia certamente in atto, ma potrebbe continuare a crescere fino a quando il denaro a Wall Street non inizierà a venire meno.