Il settore automobilistico, un tempo motore dell’economia mondiale e simbolo di progresso, oggi mostra segnali evidenti di affaticamento. Le grandi case costruttrici faticano a mantenere i margini di profitto, le vendite globali calano e i trend di lungo periodo segnalano un cambiamento strutturale nel modo in cui le persone utilizzano, o scelgono di non utilizzare, l’automobile. Me lo chiedete spesso, quindi è giunto il momento di approfondire il tema.
Meno chilometri, meno auto vendute
Il primo indicatore del declino riguarda l’utilizzo effettivo delle automobili private. Da oltre vent’anni, infatti, i chilometri percorsi mediamente ogni anno dalle vetture sono in diminuzione nella maggior parte dei Paesi industrializzati.
In Europa, con l’eccezione parziale della Germania, il trend è chiaro: dal 2000 in poi le percorrenze si sono ridotte progressivamente. Lo stesso vale per gli Stati Uniti e per il Giappone, dove i dati mostrano una contrazione costante. In sostanza, le auto esistenti vengono utilizzate sempre meno, segno di un cambiamento generazionale e sociale profondo.
A questo calo nell’utilizzo si affianca un dato ancora più eloquente: le vendite globali. Dopo il massimo storico raggiunto nel 2018, il numero di auto immatricolate nel mondo ha iniziato a scendere, con una leggera ripresa solo grazie alla crescita della componente elettrica. Tuttavia, il trend generale rimane negativo, e le proiezioni non lasciano presagire una vera inversione.
Fonte: oecd.org
Urbanizzazione e nuove abitudini di mobilità
Per comprendere le ragioni di questo declino bisogna guardare oltre il settore auto e osservare l’evoluzione della società. Secondo le Nazioni Unite, entro il 2050 circa il 68% della popolazione mondiale vivrà nelle grandi città.
L’urbanizzazione, già in corso da decenni, ha superato un punto di svolta nei primi anni 2000, quando il numero di persone che abitano in aree urbane ha superato quello delle aree rurali. E vivere in città significa, spesso, ridurre drasticamente la necessità di possedere un’auto privata.
Costi elevati degli affitti, mancanza di spazi per il parcheggio, sviluppo dei trasporti pubblici e diffusione di nuove forme di mobilità (biciclette, monopattini, car sharing) rendono l’auto meno indispensabile rispetto al passato. È un cambiamento culturale che riguarda soprattutto le nuove generazioni: sempre più giovani crescono e cresceranno senza la necessità, o il desiderio, di avere una macchina.
L’elettrico: opportunità o ulteriore freno?
L’elettrificazione, scelta con decisione soprattutto dall’Unione Europea, rappresenta una trasformazione radicale dell’industria automobilistica. Ma, paradossalmente, potrebbe accentuare il declino del settore.
Se da un lato le vendite di auto elettriche sono in crescita, dall’altro emergono barriere significative: i prezzi rimangono più alti rispetto ai modelli tradizionali, e l’acquisto richiede infrastrutture che non tutti possono permettersi. Un’auto elettrica infatti implica, per essere usata in comodità, la disponibilità di un box e di una colonnina di ricarica privata, condizioni difficili da soddisfare per chi vive in città.
In pratica, proprio mentre le persone si spostano sempre più nelle aree urbane, il prodotto che dovrebbe trainare il futuro dell’auto rischia di risultare incompatibile con lo stile di vita di milioni di cittadini.
I conti delle case automobilistiche
I dati finanziari delle principali aziende automobilistiche riflettono chiaramente questa crisi di lungo periodo e il nostro Forecaster qui ci viene in aiuto:
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Mercedes-Benz: negli ultimi dieci anni il titolo ha perso circa il 16%;
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BMW: nello stesso arco di tempo, il guadagno è stato appena del 3%, un risultato a dir poco deludente se confrontato con il settore tecnologico;
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Toyota: si difende meglio con un +76%, mentre Honda si attesta intorno al +15%;
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Stellantis (ex Fiat): la situazione è ancora più complessa, con margini operativi in forte riduzione. L’ultimo bilancio segna un profit margin del 2,57%, il che significa che su 100 euro di ricavi solo 2,57 diventano utili. Si tratta di valori talmente bassi da risultare inferiori persino a quelli di una catena di supermercati. In borsa, il titolo ha perso il 40% in un anno e, su un orizzonte decennale, è rimasto sostanzialmente fermo.
Questi numeri evidenziano una verità scomoda: il settore auto, pur rimanendo enorme in termini assoluti, non genera più valore per gli investitori come in passato.
Fonte: Forecaster.biz
Verso un nuovo concetto di mobilità
Di fronte a questo scenario, molte aziende hanno iniziato a ripensare il proprio ruolo. Tesla, pur essendo nata come costruttore di auto elettriche, guarda sempre più a modelli di business basati sul software, sui servizi e sulla mobilità condivisa.
Robotaxi, car sharing, piattaforme digitali e modelli di abbonamento potrebbero diventare la vera risposta alla crescente urbanizzazione. In un mondo in cui sempre più persone scelgono di non possedere un’auto, l’offerta si sposta dall’oggetto al servizio.
Conclusione
Il settore automobilistico sta attraversando un declino strutturale che va ben oltre le oscillazioni congiunturali. L’uso ridotto delle auto, il calo delle vendite, l’urbanizzazione, i costi crescenti di produzione e la sfida dell’elettrificazione compongono un quadro difficile.
Per gli investitori, i dati parlano chiaro: negli ultimi dieci anni le performance in borsa delle case automobilistiche sono state mediocri o negative. Per i consumatori, invece, il futuro della mobilità sembra orientarsi sempre più verso modelli alternativi, dal trasporto pubblico alla condivisione.
L’auto, pur rimanendo un bene presente nella vita quotidiana, sta perdendo il ruolo centrale che ha avuto nel Novecento. Il suo futuro, più che nelle concessionarie, potrebbe trovarsi nei servizi digitali e nelle soluzioni collettive di spostamento.
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