Le Autorità Governative cinesi hanno invitato il Presidente e fondatore di Evergrande, Hui Ka Yan, a mettere a disposizione il proprio patrimonio per allentare l'esposizione debitoria del gruppo immobiliare. La richiesta sarebbe arrivata dopo che lo sviluppatore ha mancato il pagamento della cedola obbligazionaria in dollari il 23 di settembre.
Pechino quindi tende a defilarsi dalla situazione drammatica in cui versa l'azienda richiamando alla responsabilità proprio chi l'ha fatta precipitare nell'abisso. Tutto questo arriva mentre il quadro generale va peggiorando.
Oggi un'altra società del settore, Modern Land China, ha dichiarato default di fronte a un impegno di 250 milioni di dollari in scadenza comprensivo di capitali e interessi. L'inadempienza è costata il puntuale declassamento da parte dell'agenzia di rating Fitch, che ha attribuito all'azienda un punteggio di "default limitato" da C.
Evergrande invece è attesa da un appuntamento importante il 29 ottobre, giorno in cui scade il periodo di grazia di 30 giorni per un'altra obbligazione. I creditori però ormai sono pronti a una gigantesca ristrutturazione del debito dello sviluppatore immobilare, come mai si è visto in tutta la storia della Cina.
Evergrande: il controllo di Pechino sui conti dell'azienda
L'esortazione da parte del Governo a Hui affinché contribuisca alle sorti di Evergrande si inquadra perfettamente nel disegno tracciato dallo Stato in cui i miliardari devano essere repressi per ridurre il divario di ricchezza del Paese e raggiungere l'obiettivo di prosperità comune.
Per questa ragione Pechino sta attentamente monitorando i conti bancari del colosso immobiliare. Lo scopo è quello di accertarsi che il denaro della società non venga utilizzato per pagare i creditori, ma per completare i progetti in corso di costruzione delle case.
L'azienda deve terminare i lavori per 1,6 milioni di acquirenti che hanno già effettuato depositi di denaro. Le operazioni sono state bloccate quest'anno per effetto del crollo delle vendite immobiliare del 97% dal picco, limitando la capacità di generare risorse.
Qualche sospetto è stato avanzato la scorsa settimana quando a sorpresa Evergrande ha pagato una cedola di 83,5 milioni di dollari prima della scadenza del periodo di grazia. Infatti non risulta ancora chiara la fonte di provenienza di quel denaro. A prescindere da tutto, a quanto pare quindi al momento è da scartare l'ipotesi che dalle Authority arrivi man forte per orchestrare un salvataggio che risulterebbe ad oggi quasi miracoloso.
Evergrande: ecco a quanto ammonta il patrimonio di Hui
Ma quanto realmente potrà contribuire Hui al salvataggio di Evergrande? La ricchezza del magnate cinese non è identificata con certezza. Secondo le stime di Bloomberg Billionaires si aggirerebbe intorno a 7,8 miliardi di dollari, da 42 miliardi del 2017. La maggior parte di questa fortuna deriva dalla quota di controllo della società e dai dividendi ricevuti da Hui fino ad oggi, che ammontano a 8 miliardi di dollari dal 2009, anno di quotazione di Evergrande nella Borsa di Hong Kong.
Come il Presidente abbia reinvestito le cedole non è dato di saperlo ma, secondo indiscrezioni di stampa, ultimamente il numero uno dell'azienda ha impiegato del denaro in un progetto residenziale. Se i dati di Bloomberg fossero verosimili tutta la ricchezza attuale di Hui sarebbe appena sufficiente per coprire i 7,4 miliardi di debiti in scadenza nel 2022 della società. Niente rispetto a un muro di 300 miliardi che, senza un vero apporto a livello governativo, difficilmente potrà essere sgretolato.