Riflettori puntati sul cruciale appuntamento di questa sera della
Federal Reserve: non ci sono dubbi che la Banca centrale americana taglierà i tassi di interesse, ma ce ne sono tanti su quanto forte sarà la mossa. I mercati dei futures stanno scontando una riduzione di 50 punti base con una probabilità del 63%, andando contro l'opinione prevalente degli economisti che invece prevedono un calo dello 0,25%.
Il punto è che
anche la Fed al suo interno è combattuta, perché una posizione più audace potrebbe sbarrare l'arrivo di una recessione, ma allo stesso tempo dare un segnale di preoccupazione ai mercati finanziari. Quindi, in seno al
FOMC vi è una parte che sostiene un intervento meno accomodante, almeno per il momento.
Le azioni tendenzialmente si trovano maggiormente a loro agio con tassi più bassi e i motivi sono fondamentalmente due. Il primo è che i prezzi in realtà riflettono in gran parte gli utili futuri stimati della società attualizzati a un tasso di interesse. Quanto più basso è quest'ultimo, tanto maggiore è il valore attuale dell'azienda e di conseguenza tanto più alta è la possibilità di adeguamento verso l'alto delle quotazioni di mercato. Il secondo motivo sta nel fatto che diminuiscono i costi di finanziamento delle aziende. Questo è tanto più vero ad esempio per le società che operano in settori ad alta crescita come quello tecnologico o in settori dove il business dipende molto dal prestito come quello immobiliare.
La storia dimostra che durante il ciclo di tagli dei tassi della Fed, le azioni USA tendono a salire. Secondo un'analisi realizzata da Nir Kassair, fondatore dell'asset manager Unison Advisors, dal 1954 al 2022 l'andamento delle azioni durante le campagne di riduzione del costo del denaro ha registrato un rendimento totale positivo dell'indice S&P 500 in 12 occasioni su 13. La nota da rilevare però è che le azioni value hanno sempre battuto quelle growth.
Azioni USA: ecco perché non fidarsi troppo dei tagli Fed
Sulla base dell'analisi di Kassair e della teoria economica che mette in correlazione opposta il tasso di interesse e il prezzo delle azioni, non ci sarebbero dubbi. Tuttavia, acquistare in questo momento potrebbe essere un errore, afferma l'esperto, per tre motivi.
Il primo è che dopo il taglio iniziale di questa sera - posto che nessuno sa di quanto sarà - il comportamento futuro della Fed è ignoto. In sostanza, la Banca centrale potrebbe continuare a usare la forbice se l'inflazione si mantenesse contenuta. Ma cosa succederebbe se il carovita invece dovesse rimanere al di sopra dell'obiettivo del 2% a lungo o addirittura svoltare al rialzo? A quel punto, Kassair sottolinea come la Fed potrebbe essere costretta a sospendere la sua politica monetaria accomodante e a invertire rotta.
Il secondo motivo sta nel fatto che le azioni potrebbero aver già scontato in gran parte l'allentamento della Fed. Tra l'altro, con un'inflazione che scende verso il target del 2%, l'istituto governato da Jerome Powell potrebbe passare a un tasso neutrale, di norma superiore di 0,5 o 1 punti percentuali alla crescita dell'indice dei prezzi al consumo.
In terzo luogo, un aumento dell'allocazione azionaria potrebbe mettere gli investitori di fronte a una scelta difficile in seguito. Kassair osserva, dalla sua analisi storica, che le azioni salgono anche quando la Fed alza i tassi di interesse. Quindi, o gli investitori riducono poi l'allocazione accettando un rendimento più basso, oppure mantengono quella esistente convivendo con un portafoglio più rischioso di quello che avrebbero voluto all'inizio. L'ideale in teoria è aumentare e ridurre l'allocazione azionaria al momento giusto, rileva Kassair, ma questo è estremamente difficile da definire. In molti, anzi, vendono in preda al panico nelle situazioni di ribasso. E quindi al momento sbagliato.