Il crollo dei titoli tecnologici che si è visto quest'anno potrebbe essere giunto al termine. Lo sostiene Jim Paulsen, capo strategist di The Leuthold Group, che fa un paragone con quanto successe all'epoca con le
Dot-com tracciando delle differenze fondamentali. Il manager rileva 3 ragioni per cui le situazioni sono diverse.
La prima è che oggi i guadagni delle società tech sono molto più robusti rispetto ad allora. Negli ultimi 2 anni gli EPS dell'S&P 500 sono lievemente diminuiti ma si trovano ancora a una quota del 60% al di sopra di dove erano posizionati all'inizio del millennio. Quindi, in termini storici i titoli della crescita potrebbero per certi versi essere anche economici.
La seconda ragione consiste nella tipologia di aziende che ha guidato la corsa al rialzo. Nei tempi attuali il mercato è dominato da poche aziende di grandi dimensioni, mentre durante la bolla di fine anni '90-inizio anni 2000 sono state coinvolte molte società a piccola capitalizzazione. La terza motivazione sta nel fatto che la tecnologia oggi è molto più produttiva, sia in termini di vendite per dipendente che nel contesto di un ritorno sull'investimento. Negli ultimi anni il ROE delle azioni facenti parte dell'S&P tech è stato superiore del 15%-20% rispetto a quello dell'indice generale, mentre oltre 20 anni fa il premio si aggirava intorno al 5%.
Azioni tecnologiche: ecco perché non sono care
Un fattore che a giudizio di Paulsen dimostrerebbe come le azioni tecnologiche non siano troppo care si basa sul confronto tra la ponderazione della capitalizzazione di mercato dell'S&P tech con la ponderazione economica, ossia il contributo che il comparto tecnologico dà effettivamente all'economia misurato dalla proporzione del PIL nominale delle vendite del settore.
Nel marzo del 2000 la ponderazione della capitalizzazione del mercato era del 27%, mentre il peso per l'attività economica totale del 7,9%. Adesso invece le 2 ponderazioni sono rispettivamente del 27,2% e del 17,5%. Questo palesa quanto oggi sia molto più presente il contributo che la tecnologia dà all'economia generale il che, unito al fatto che i Price/Earnings medi sono ben inferiori rispetto ai picchi di 70 volte dell'era Dot-com, comporta che il rischio di un vero e proprio collasso tecnologico non si manifesti.
Le analisi di Paulsen sono supportate da altri grandi gestori e Amministratori Delegati di importanti aziende come
Cathie Wood, Chase Coleman e Brian Amstrong, i quali continuano a sostenere che
nei prossimi anni la tecnologia sovraperformerà i mercati. Probabilmente dopo che passerà l'ondata di aumenti dei tassi della
Federal Reserve che in questo 2022 ha inciso non poco sulle quotazioni dei titoli in Borsa.