Il mercato delle opzioni lancia segnali preoccupanti per le azioni dei mercati emergenti. La sovraperformance che queste finora hanno mostrato rispetto all'indice statunitense S&P 500 potrebbe sparire nei prossimi mesi.
L'open interest delle opzioni put rispetto alle opzioni call sull'iShares MSCI Emerging Markets ETF è nei pressi dei massimi da dicembre scorso. Questo significa che i trader hanno aggiunto nuove posizioni ribassiste in quanto prevedono un calo delle azioni dei Paesi in via di sviluppo.
Quanto accade potrebbe essere il riflesso della tregua commerciale tra gli Stati Uniti e alcuni Paesi come la Cina. I progressi positivi nelle trattative in corso potrebbero dare una spinta all'S&P 500, in particolare se i segnali incoraggianti che si sono visti tra Washington e Pechino questa settimana alla fine si tradurranno in un accordo solido che cancelli una buona parte dell'incertezza sugli asset statunitensi.
Tra l'altro, gli investitori ora si aspettano che la
Federal Reserve tagli per due volte i tassi di interesse quest'anno, dopo i dati più deboli sull'inflazione americana. A dare maggiore slancio alle quotazioni statunitensi, poi, c'è da considerare la legge fiscale Usa che favorisce gli utili societari e spinge verso la crescita.
In sostanza, le azioni dei mercati emergenti sono state una sorprendente fonte di rendimento per i trader internazionali durante la guerra commerciale, ma ora potrebbero rimanere indietro con la situazione che torna alla normalità.
Azioni mercati emergenti: cosa attendersi?
Gli operatori di mercato non vedono un quadro positivo per i titoli dei Paesi emergenti. A giudizio di Matt Maley, chief market strategist di Miller Tabak + Co., stanno entrando in territorio di ipercomprato. "Probabilmente è possibile acquistarli un po' più economici nella seconda metà di giugno", ha detto. Mentre per quanto riguarda l'S&P 500, le stime sugli utili "devono crescere molto di più di quanto non siano per giustificare un ulteriore rally dal livello costoso di oggi", ha aggiunto.
Josh Silva, managing partner e chief investment officer di Passaic Partners, ha affermato che l'incertezza tariffaria è stata una forza stabilizzante per gli asset dei mercati emergenti nel loro complesso, ma l'esito dei negoziati commerciali con gli Stati Uniti potrebbe variare per i 24 paesi dell'indice MSCI EM, che comprende titoli dal Brasile agli Emirati Arabi Uniti. "Se la Cina vince e l'India perde? Uno sale e l'altro scende. Quindi si ottiene un risultato nullo", ha detto.
Ci sono però due fattori che potrebbero continuare a sostenere le azioni dei mercati emergenti. Uno è la debolezza del dollaro Usa. Questo perché molti dei costi delle società sono denominati in valuta americana e quindi un biglietto verde meno forte aiuta a tenere bassi tali costi negli acquisti.
Un secondo sono le valutazioni più convenienti rispetto alle azioni statunitensi. "Gli Stati Uniti si stanno comportando in modo molto simile a come farebbe un'economia dei mercati emergenti", ha detto Mandy Xu, responsabile dell'intelligence sul mercato dei derivati presso Cboe Global Markets. "Rendimenti obbligazionari più elevati, ma un dollaro più debole: lo si sta vedendo riflesso nella volatilità del mercato azionario".