Le azioni General Motors e Ford Motor non piacciono agli analisti. E questo nonostante i multipli siano molto interessanti. Il titolo General Motors è scambiato a 4,3 volte gli utili previsti per i prossimi 12 mesi, mentre Ford è negoziato a 6 volte. Si tratta di valori molto al di sotto del rapporto price/earnings di 22 dell'indice S&P 500. In via teorica, questa sarebbe una grossa occasione.
Ma, secondo i dati elaborati da Bloomberg, la quota di raccomandazioni di vendita da parte degli analisti che coprono le azioni delle due case automobilistiche è la più alta di almeno un decennio. In pratica, oltre il 9% degli analisti ha un rating "sell" su General Motors (massimo dal 2015) e oltre il 27% dà lo stesso consiglio per Ford (massimo dal 2010).
Azioni General Motors e Ford: ecco le ragioni per vendere
Cosa tiene lontani gli esperti di mercato dai due produttori di Detroit? Innanzitutto, i fondamentali di General Motors e Ford si stanno deteriorando. La prima ha riportato un utile annuo per il 2024 in crescita del 38% rispetto al 2023, ma per l'anno in corso il consensus prevede un incremento dei guadagni netti rettificati appena del 4,5% e ricavi in diminuzione di oltre il 3%. La situazione è peggiore per Ford, per cui si stima un crollo del 18% dell'utile per azione rettificato e una contrazione dello 0,8% dei ricavi.
Un quadro così fosco è dettato dai problemi che le case automobilistiche tradizionali devono affrontare mentre il settore si spinge verso le auto elettriche e a guida autonoma. La concorrenza in questo ambito diventa ogni giorno più affollata e mantenere i margini a buoni livelli è una sfida che si sta tramutando in una impresa titanica.
Tra l'altro, il rallentamento della domanda di auto elettriche è un colpo brutale per i produttori, soprattutto in considerazione degli imponenti investimenti effettuati. A ciò si aggiunge il fatto che i costi di sviluppo sono in crescita e i prezzi delle auto negli Stati Uniti sono arrivati a un punto che sorgono dubbi se i consumatori possono realmente permetterseli.
In questo momento, però,
a pesare come un macigno sono i possibili dazi del presidente USA Donald Trump. Quest'ultimo ha imposto tariffe del 25% a Canada e Messico e del 10% alla Cina che andranno a colpire soprattutto il settore dell'automotive. Ad essere vittima delle tariffe non saranno solo i veicoli, ma anche a tutta la componentistica necessaria a costruirli. I dazi sui due Paesi nordamericani sono stati sospesi per 30 giorni in attesa di un accordo su varie questioni mentre quelli sulla Cina sono in vigore, anche se non si esclude l'avvio di trattative.
Se dovessero essere confermati, però, avrebbero un impatto molto forte su General Motors e Ford. Questi producono in Canada e Messico per poi vendere negli Stati Uniti e sono legati alla catena di approvvigionamento di materie prime e materiali cinesi. In sostanza, i due produttori USA vedrebbero lievitare i loro costi di produzione, che metterebbero ancora più sotto pressione il loro margine operativo. Gli analisti di Bloomberg Intelligence stimano un costo aggiuntivo per veicolo di 3.500 dollari.
"Potrebbe esserci il rischio di una trappola del valore", hanno detto gli analisti di Bloomberg Intelligence Steve Man e Peter Lau. "Le azioni sono a buon mercato ma i fondamentali non sembrano buoni, l'industria sta subendo una scossa e le aziende hanno margini bassi".
A giudizio di Daniel Roeska, analista di Bernstein, "mentre l'attuazione ritardata delle tariffe fornisce alle case automobilistiche più tempo per pianificare le loro risposte, la prolungata incertezza complica il settore automobilistico statunitense dal punto di vista degli investimenti". Quindi, "data la mancanza di chiarezza sulla questione, sarebbe meglio per gli investitori aspettare fino a quando non ci saranno informazioni sui negoziati politici", ha aggiunto.