Volkswagen è in subbuglio: il sindacato IG Metall ha annunciato lo sciopero in nove fabbriche di automobili e componenti in tutta la Germania. Migliaia di persone si raduneranno nei pressi della sede centrale dell'azienda a Wolfsburg e alcune manifestazioni sono previste vicino agli stabilimenti di Hannover, Emden, Salzgitter e Brunswick.
I lavoratori sono in trattative serrate con i dirigenti sul futuro della più grande casa automobilistica europea. La questione riguarda le trattative salariali, con i sindacati che hanno minacciato scioperi di 24 ore o ad oltranza se non si troverà un accordo soddisfacente per i lavoratori. L'interruzione alla catena di montaggio crea molti disagi all'azienda, specialmente in questo periodo in cui Volkswagen sta combattendo contro un drammatico calo delle vendite e degli utili a causa dei costi elevati e della concorrenza cinese.
Volkswagen: uno sciopero annunciato
Nei giorni scorsi la casa automobilistica ha avuto delle discussioni accese con il sindacato tedesco, che ha proposto un taglio dei costi, in particolare in relazione ai bonus dei prossimi due anni. IG Metall ha proposto un risparmio di 1,5 miliardi di euro sui costi, ivi inclusa la rinuncia ai bonus 2025 e 2026. L'azienda però ha respinto il progetto ritenendo che gli effetti positivi si potrebbero vedere solo nel breve termine, ma nei prossimi anni non ci sarebbe alcuno sgravio finanziario sostenibile. "Un risparmio di 1,5 miliardi di euro non può essere accertato nemmeno dopo un'analisi approfondita", ha detto Volkswagen.
Lo sciopero era quindi annunciato: il punto è ora fino a quando continuerà il muro contro muro tra la società e i rappresentanti dei lavoratori e gli effetti che la questione potrà avere sui mercati finanziari. Oggi le
azioni Volkswagen alla Borsa di Francoforte hanno aperto con un calo di circa un punto e mezzo percentuale nelle prime contrattazioni della settimana. Quest'anno sono scivolate del 27,80%.
La crisi dell'azienda
Volkswagen sta attraversando un periodo non facile, caratterizzato dalla contrazione del business in Cina e dalle tensioni per i probabili dazi negli Stati Uniti, dove l'azienda ha degli stabilimenti.
La scorsa settimana, la società ha annunciato che venderà il suo impianto nella regione cinese dello Xinjiang, cedendo alle pressioni degli investitori per abbandonare l'area a causa della violazione dei diritti umani come il lavoro forzato in campi di detenzione.
Volkswagen venderà, insieme al suo partner cinese SAIC, l'impianto a un acquirente di proprietà del governo di Shanghai. Tra l'altro, ha smentito le voci secondo cui Pechino avrebbe messo come condizione il mantenimento dell'apertura della fabbrica per continuare a produrre in Cina. In realtà il sito negli ultimi anni era sempre meno importante e l'azienda aveva tagliato la forza lavoro.
I problemi di Volkswagen si estendono anche sul fronte della
difficile transizione elettrica. Negli Stati Uniti, oltre alle tariffe del neo presidente eletto
Donald Trump, l'azienda potrebbe essere colpita dall'eliminazione del credito di imposta di 7.500 dollari per l'acquisto di veicoli elettrici. Questo rischia di arrestare il processo verso una maggiore elettrificazione nei prossimi anni.