Banche USA: 5 punti chiave da osservare nelle trimestrali in arrivo | Investire.biz

Banche USA: 5 punti chiave da osservare nelle trimestrali in arrivo

11 ott 2023 - 15:00

11 ott 2023 - 15:05

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Sale l'attesa per le trimestrali delle big bank americane che prenderanno il via a partire da venerdì. Sono almeno 5 gli elementi che dovranno essere valutati, vediamoli

Le più grandi banche statunitensi sono chiamate alla prova dei conti trimestrali a partire da questa settimana. Le prime a scendere in campo, questo venerdì, saranno JPMorgan Chase, Citigroup e Wells Fargo. Martedì 17 ottobre sarà il turno di Goldman Sachs e Bank of America e mercoledì quello di Morgan Stanley.
 
L'attenzione sarà massima per vedere come l'incremento dei tassi d'interesse abbia impattato sul business. Soprattutto alla luce del fatto che la forbice tra tassi su prestiti e mutui e quelli sui depositi - che aveva fatto crescere la redditività netta da interessi negli scorsi trimestri - si è ridotta per evitare la fuga dei depositi verso impieghi altrettanto sicuri e più redditizi come i fondi monetari e i titoli di Stato USA.
 
Inoltre, sarà estremamente importante verificare quanto gli rendimenti elevati abbiano portato le banche a cancellare dal bilancio i crediti inesigibili tramutandoli in perdite. Gli analisti si aspettano una cifra più che doppia rispetto allo scorso anno, il che suggerisce maggiori accantonamenti per sopperire al calo della qualità del credito.
 
 

Banche USA: ecco cosa osservare nelle trimestrali

Gli aspetti chiave che dovranno essere osservati nei risultati del terzo trimestre da parte delle banche USA sono comunque tanti, in un contesto dove l'economia americana è ancora forte ma aziende e privati sentono il peso dell'inflazione spigolosa e degli alti tassi d'interesse. Vediamone cinque in particolare.
 
Il primo punto degno di attenzione riguarda le perdite non realizzate. Si tratta della diminuzione di valore degli asset a bilancio per effetto dell'aumento dei rendimenti che fa scendere i prezzi, ma che ancora non è stata realizzata perché le attività non sono state vendute. Nel secondo trimestre la Federal Deposit Insurance Corp. aveva rilevato un importo di 558,4 miliardi di dollari di perdite non realizzate, con una crescita dell'8% anno su anno. Le attese sono per un ulteriore aumento, sebbene l'impatto sulle banche non dovrebbe essere enorme. Questo perché dalla crisi di marzo, che ha decretato il fallimento di alcuni importanti istituti di credito, i depositi si sono stabilizzati.
 
Il secondo punto si riferisce agli interessi attivi netti. Con l'eccezione di JPMorgan, che godrà dei benefici sotto questo aspetto dall'acquisizione di First Republic Bank a maggio, le banche potrebbero subire una contrazione del reddito netto da interessi, secondo gli analisti. La ragione è dettata dal fatto che la concorrenza si è intensificata, facendo salire il costo dei depositi e quindi riducendo il margine di intermediazione.
 
Il terzo aspetto per cui prestare riguardo allude ai servizi bancari d'investimento. Le IPO a Wall Street stanno dando segnali di risveglio rispetto a un 2022 anemico, ma le fusioni latitano. Gli analisti stimano commissioni di consulenza depresse, di fronte a cui alcune banche come Citigroup hanno tagliato posti di lavoro quest'anno.
 
In quarto luogo dovranno essere guardate le entrate dal trading. L'aspettativa è di una leggera discesa rispetto al terzo trimestre dello scorso anno, soprattutto a causa di un brutto settembre che ha annullato una buona parte dei guadagni azionari del 2023. Citigroup dovrebbe fare eccezione, grazie all'aumento delle attività nel reddito fisso, nelle valute e nelle materie prime. 
 
Infine, gli investitori ascolteranno cosa avrà da dire il management sulle nuove regole patrimoniali richiedenti un aumento delle riserve che potrebbero essere imposte alle grandi banche dalle autorità di regolamentazione. Citigroup proprio nelle ultime ore ha affermato che l'aumento dei requisiti patrimoniali potrebbe rallentare l'economia statunitense e mettere le banche USA in una condizione di maggiore debolezza rispetto ai prestatori non bancari e ai rivali europei. Tra l'altro, questa mossa rischia fortemente di mettere un freno al riacquisto delle azioni, penalizzando quindi gli investitori.
 
 
 

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