La performance delle
azioni Nvidia quest'anno a Wall Street è stata a dir poco stellare. Le azioni del gigante americano dei semiconduttori hanno
più che triplicato il loro valore, grazie all'impulso dato dal boom dell'intelligenza artificiale (i chip di Nvidia infatti alimentano le app AI -Artificial Intelligence- come ChatGPT).
Le più grandi società tecnologiche hanno sovraperformato l'indice S&P 500 da inizio 2023, ma Nvidia ha fatto molto di più. Da sola ha rappresentato circa il 15% del rendimento complessivo del principale benchmark statunitense.
Non sono pochi i gestori dei fondi che in questo momento si stanno mordendo le mani, in quanto per le ragioni più disparate non hanno voluto salire sul treno in corsa. Secondo un'analisi di Morningstar, su quasi 330 fondi comuni di investimento analizzati, solo il 15% deteneva in Nvidia un peso azionario superiore rispetto all'indice S&P 500. Tra questi fondi che mantenevano un peso inferiore, l'85% ha fatto peggio dell'S&P 500.
Azioni Nvidia: alcuni venti contrari da valutare
Il problema adesso è prevedere se, dopo la straordinaria performance del 2023, il titolo Nvidia abbia ancora forza per crescere. Tenuto conto anche che ora scambia a 33,6 volte gli utili stimati a 12 mesi, ben oltre le 24 volte del multiplo del Nasdaq 100. I rischi sussistono, soprattutto se abbinati a tre possibili venti contrari che non bisogna sottovalutare.
Il primo riguarda la tendenza di fondo che sta guidando il successo di Nvidia. I clienti stanno pagando molto i chip di fascia alta del colosso di Santa Clara, perché l'attrazione dell'intelligenza artificiale in questo momento è troppo forte. Per realizzare il suo chip d'avanguardia H100, venduto specialmente ai data center, Nvidia sostiene un costo di circa 3.000 dollari, ma incassa 10 volte tanto. Quanto potrà durare questo sistema? Secondo gli analisti di Deutsche Bank, a un certo punto i clienti potrebbero stancarsi di pagare i prezzi di Nvidia, per questo prevedono un rallentamento degli acquisti di chip.
Un secondo elemento di rischio potrebbe venire dalla Cina, a causa principalmente delle restrizioni americane. A Nvidia è fatto divieto di esportare a Pechino semiconduttori di fascia alta per ragioni legate alla sicurezza nazionale. Il Dragone rappresenta circa un quarto delle entrate complessive della società, che ha ribadito come ulteriori strette da parte delle autorità statunitensi non avrebbero un impatto materiale sui risultati. In verità, nel lungo termine le ripercussioni potrebbero esserci. Lo ha confermato lo stesso direttore finanziario dell'azienda durante un incontro con gli analisti: "nel lungo termine, le restrizioni che vietano la vendita delle nostre GPU per data center in Cina, se implementate, comporteranno una perdita permanente di un'opportunità per gli Stati Uniti", ha detto.
Ma non è solo una questione di restrizioni. Alcuni grossi clienti come Baidu, Tencent, Alibaba e ByteDance potrebbero non essere più disposti a pagare i chip costosi di Nvidia, rivolgendosi così a fornitori locali. Ciò in considerazione del fatto che la Cina sta affrontando parecchi problemi di crescita economica.
Un terzo vento contrario potrebbe derivare dall'aumento della concorrenza. Nvidia ancora detiene una quota di mercato del 90% riguardo le unità di elaborazione grafica legate all'intelligenza artificiale. Altri player però stanno cercando di farsi strada. Tra questi Advanced Micro Devices, che quest'anno sta per lanciare la sua GPU per data center MI300 che permetterebbe di conquistare spazio nel mercato sottraendolo proprio a Nvidia. Inoltre, alcune Big Tech hanno sviluppato chip personalizzati in alternativa a quelli di Nvidia. Ad esempio, Google ha elaborato le TPU - unità di elaborazione sensoriale; mentre Amazon ha prodotto semiconduttori interni.