Inizio di anno peggiore dal 2016 per le azioni dei mercati emergenti. L'indice MSCI delle azioni dei Paesi in via di sviluppo è scivolato di circa 4 punti percentuali nelle prime due settimane di gennaio, con il sentiment che è peggiorato sulle incertezze riguardo la tempistica in cui la
Federal Reserve inizierà ad allentare la politica monetaria.
Fino a poco tempo fa, gli investitori erano convinti che la Banca centrale americana avrebbe tagliato i tassi di interesse a partire da marzo 2024, ma dopo gli ultimi dati macroeconomici sono sorti alcuni dubbi. L'inflazione ha ripreso a rendersi insidiosa salendo al 3,4% su base annuale a dicembre, dal 3,1% del mese di novembre, mentre il mercato del lavoro si conferma in grande spolvero.
Ciò fa pensare che la Fed prenderà tempo rinviando il tanto atteso taglio al mese di giugno. La variazione di prospettive ha fatto rafforzare il dollaro USA, mettendo in crisi alcune valute emergenti come il bath thailandese e lo zloty polacco.
Azioni mercati emergenti: 2 precedenti incoraggianti
Una traccia per intuire come potrebbero andare i mercati emergenti nell'anno in corso viene da quanto accaduto nel 2009 e nel 2016, anni in cui si è verificato un pessimo inizio in Borsa.
Dopo che la Fed aveva quasi azzerato i tassi di interesse a dicembre 2008, gli investitori presero a vendere le azioni dei mercati emergenti a gennaio 2009 perché preoccupati della crisi finanziaria globale che aveva tramortito le Borse di tutto il mondo. Questo durò per qualche mese, il tempo che Wall Street metabolizzasse le azioni accomodanti delle autorità monetarie e desse vita a un mercato rialzista. La Borsa di New York trascinò i mercati emergenti, con l'indice MSCI che dal minimo di gennaio intraprese un rally del 75%.
La storia più o meno si ripeté nel 2016. Stavolta fu il primo rialzo dei tassi della Fed in quasi un decennio a innescare le vendite delle azioni dei mercati emergenti, essenzialmente perché gli investitori si misero in fuga dagli asset più rischiosi. All'epoca l'MSCI precipitò di 11 punti percentuali nelle prime due settimane di gennaio. A quel punto, però, le valutazioni divennero più convenienti e gli investitori cominciarono a comprare, innescando un rally da 8.300 miliardi di dollari che durò un paio di anni.
Cosa succederà nel 2024?
L'esperienza passata potrebbe essere di buon auspicio per quanto accadrà nel 2024? Non sempre la storia si ripete nei mercati finanziari ma, a parte questo, è sempre conveniente ragionare per logica sulla base di quanto accade in ogni periodo storico. Più che la statistica, ciò che conta attualmente riguarda alcune situazioni che potrebbero diventare esplosive e condizionare in una direzione o nell'altra l'andamento dei mercati emergenti.
Una si riferisce alla situazione nel Mar Rosso. Le navi stanno cambiando rotta perché attraversare quel tratto di mare in questo momento è estremamente rischioso. Ciò comporta che il commercio internazionale, che vede coinvolte molte aziende operative nel luogo, potrebbe incresparsi in maniera rilevante. Giocoforza, i mercati finanziari rischiano di subire il colpo.
Un'altra variabile riguarda la Cina, legata commercialmente a molti Paesi dell'area emergente. Se l'economia cinese tornasse a fiorire come in passato, ne trarranno giovamento anche gli altri Stati in via di sviluppo vicini. In caso contrario, questi verranno coinvolti nel rallentamento di Pechino. In particolae, a preoccupare è la tremenda crisi immobiliare che tiene la seconda potenza economica mondiale con il fiato sospeso. E gli incentivi monetari e fiscali del Dragone sembrerebbero non bastare.