Rio Tinto è quotato a Wall Street attraverso le ADR, acronimo di American Depositary Receipt. Da oltre 30 anni il gigante minerario britannico raccoglie capitali sul mercato più grande del mondo grazie a queste particolari ricevute, che bisogna precisare non sono azioni. Le ADR, infatti, non sono emesse dalle società estere che intendono quotarsi alla Borsa americana, ma da banche statunitensi che comprano le azioni di tali società e contestualmente rilasciano dei certificati. Ognuno di questi può rappresentare una o più azioni, o solo anche una frazione di esse.
Ogni ADR di Rio Tinto - emessa da JPMorgan Chase Bank in base a un accordo di deposito datato 13 luglio 1988 e successive modifiche - fa riferimento a una azione ordinaria. Questo implica che il prezzo di ogni singola ricevuta è lo stesso di quello di ogni singola azione, tenuto conto ovviamente della valuta di riferimento al tasso di cambio corrente. Così, ad esempio, nell’ultima chiusura settimanale del 3 maggio 2024, le ADR avevano una quotazione di 68,97 dollari, mentre le azioni alla Borsa di Londra di 5.467 pence di sterline. Il cross GBP/USD ha chiuso la settimana a 1,2547. Ricordiamo che oltre a New York e a Londra, Rio Tinto è quotata anche a Francoforte, Buenos Aires e Città del Messico.
Ovviamente, lo stesso discorso vale anche sul fronte dei dividendi. Per la precisione, il 18 aprile 2024 Rio Tinto ha distribuito in patria per l’anno 2023 cedole sulle azioni ordinarie per 203,77 pence a saldo, dopo un acconto pagato lo scorso anno di 137,67 pence. Per quanto riguarda le ADR, la società con sede a Londra ha versato ad aprile un saldo di 2,58 dollari per titolo, a integrazione dell’acconto dello scorso anno di 1,77 dollari. Gli investitori britannici che acquistano ADR devono sostenere il rischio di cambio per i dividendi percepiti, oltre a un fattore legato alla tassazione statunitense (in Gran Bretagna non si pagano imposte sui dividendi). Tutto ciò rappresenta uno svantaggio notevole rispetto alla detenzione di azioni ordinarie. C’è da rilevare anche che i dividendi delle ADR Rio Tinto sono pagati due volte l’anno, mentre normalmente le cedole negli Stati Uniti vengono corrisposte trimestralmente, quindi quattro volte l’anno. Si tratta più che altro di un fattore tecnico, ma che potrebbe avere una rilevanza per quegli investitori che preferiscono dei flussi più frequenti dai loro investimenti in modo da soddisfare meglio le esigenze di cassa.
Le ADR Rio Tinto a Wall Street
Le ADR Rio Tinto hanno esordito al NYSE a giugno del 1990 con il simbolo RIO, aprendo a un prezzo di 9,44 dollari. Le quotazioni hanno messo un po' di tempo a carburare e ad agosto del 1998 si trovavano a 8,78 dollari, segnando il punto più basso della loro presenza a Wall Street. Da lì però hanno iniziato un rally di lungo periodo che le ha spinte fino al top di sempre di 130,99 dollari nel maggio del 2008. L'arrivo della grande crisi generata dalla tempesta finanziaria per i mutui subprime ha ricacciato indietro il prezzo delle ADR, che nell'arco di sette mesi sono precipitate fino a 13,88 dollari.
La ripresa economica innescata dalla politica ultra-accomodante della Federal Reserve ha determinato un rimbalzo in Borsa e a febbraio del 2011 i certificati di Rio Tinto viaggiavano a un prezzo superiore a 71 dollari. Le vette dei tempi d'oro non sono più state nemmeno sfiorate, con il valore massimo negli ultimi anni raggiunto a maggio del 2021 a 93,16 dollari. La pandemia del 2020 ha determinato un certo subbuglio, ma senza provocare danni rilevanti. Da inizio 2022 i movimenti sono stati pressoché laterali, in un intervallo compreso tra poco più di 50 dollari e poco oltre gli 80 dollari. Oggi le quotazioni si attestano a 68,97 dollari, per un valore societario di 117,55 miliardi di dollari.