La minaccia della stagflazione sta tenendo in ansia i governi e mercati finanziari, dopo che i dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump hanno innescato una guerra commerciale. Proprio gli USA sono il Paese maggiormente a rischio in questo momento, perché coinvolti nel conflitto con più nazioni. La stagflazione non è altro che una situazione in cui la stagnazione dell'economia si accompagna all'inflazione.
Di norma, l'aumento della crescita dei prezzi insorge quando l'economia si sviluppa e determina un incremento della domanda. Se invece il carovita sale in presenza di un'economia che non cresce, cresce poco o addirittura decresce, vuol dire che si è in presenza di un'anomalia. Ciò avviene perché l'inflazione non è generata da un aumento della domanda, bensì da elementi che vanno ad influenzare l'offerta.
Tale scenario si è presentato negli anni '70 durante gli shock petroliferi e nel 2022 dopo lo scoppio della guerra Russia-Ucraina. Circa cinque decenni fa, la stagflazione fu combattuta attraverso una ricetta lacrime e sangue ma che alla fine risultò efficace. Di certo, il fenomeno mise fine all'egemonia delle teorie keynesiane secondo cui le fluttuazioni economiche potevano essere gestite attraverso politiche di stimolazione della domanda.
Se si fosse adottata la ricetta di
John Maynard Keynes, l'inflazione sarebbe esplosa ancora di più atterrando definitivamente l'economia nazionale. All'epoca invece si preferì la strada del rigore, testimoniata dalla serie di aumenti dei tassi di interesse più aggressiva della storia americana messa in atto dalla Federal Reserve, guidata allora da Alan Greenspan. Una volta sconfitta l'inflazione, al prezzo di una profonda recessione, il banchiere centrale poté iniziare le politiche di stimolo attraverso il taglio del costo del denaro (
Stagflazione: perché portò alla fine delle politiche keynesiane?).
Stagflazione: una soluzione difficile oggi
Se oggi si dovesse ripresentare la stagflazione, le ricette degli anni '70 sarebbero ancora valide? Alcuni economisti nutrono dei dubbi al riguardo, in quanto lo scenario è completamente mutato. I dazi rendono più difficile attuare alcune misure. Un aumento dei tassi, ad esempio, farebbe più fatica a mostrarsi vincente per tenere a bada l'inflazione, poiché le tariffe innescano una lievitazione dei costi che si riflette sui prezzi indipendentemente dalla domanda.
Quest'ultima di per sé sarebbe contratta sia per i dazi che per un'economia in recessione. Diventerebbe molto più difficile per le aziende anche utilizzare le leve del dislocamento della manodopera nei Paesi in cui i costi sono più bassi. Per anni si è adottata con successo questa soluzione, ma oggi la finalità dei dazi è proprio quella di portare la manodopera all'interno degli Stati Uniti.
Quale soluzione?
Quindi, come se ne esce? Qualcuno ha suggerito l'intelligenza artificiale e la robotica come possibili soluzioni. Le aziende stanno investendo miliardi nelle nuove tecnologie, il che comporta un'esposizione importante. Tuttavia, il ritorno potrebbe essere altrettanto grande. Se l'AI (Artificial Intelligence) e i robot saranno in grado di sostituire una buona parte delle mansioni dell'uomo, in molti casi ci sarà meno bisogno di personale.
Ne consegue che la domanda di lavoratori si riduce, determinando il calo della paga oraria richiesta. Per le aziende potrebbe esserci un risparmio di costi notevole, che poi andrebbe a influire sui prezzi finali del prodotto. In termini pratici, l'inflazione sarebbe tenuta a bada, ma allo stesso tempo verrebbe stimolata la crescita economica attraverso lo sviluppo tecnologico delle aziende e l'aumento dei profitti dettato dalla riduzione dei costi del personale.
In linea generale, l’intelligenza artificiale e la robotica potrebbero diventare strumenti chiave per combattere la stagflazione aumentando la produttività, stimolando l’innovazione, migliorando la precisione delle politiche economiche e contribuendo alla riqualificazione del lavoro.