Altro buco nell'acqua. Chi si aspettava che nel weekend appena passato arrivasse la fumata bianca riguardo l' accordo su Brexit è rimasto profondamente deluso. Le posizioni di entrambe le sponde sono rimaste inalterate.
L'accesso alle acque di pesca britanniche e i limiti ai sussidi statali delle imprese sono due questioni talmente incagliate che allo stato attuale non si vede come si possa dipanare la matassa. Da oggi si riprende il dialogo nella speranza che la fine dell'anno non arrivi senza uno straccio di linee guida per questa dolorosa separazione.
Intanto il Parlamento UE ha fatto sapere che non potrà avere il tempo materiale per ratificare alcun compromesso se non si agisce in fretta da entrambe le parti. A quel punto le ipotesi sarebbero estreme: o Bruxelles applica in via del tutto provvisoria qualsiasi accordo entro il termine del periodo di transizione mettendolo ai voti nel 2021, oppure sarà hard Brexit.
Brexit: distanze incolmabili sulla pesca?
Il controllo delle acque britanniche è un aspetto vitale per la sovranità del Regno Unito, secondo quanto mostrato dalla tenacia su questo punto dal Governo Johnson. Se la Gran Bretagna non cede sulla pesca, non potrà avere accesso al mercato unico senza l'applicazione di dazi e tariffe.
L'offerta che è arrivata da parte della Commissione Europea la scorsa settimana ha posto l'UE nella condizione di rifiutare il 25% di 650 milioni di euro di prodotti pescati in territorio britannico. In risposta ha ricevuto un no netto: si arriva al 60% o non se ne fa niente. La distanza obiettivamente sembra incolmabile, per quanto i funzionari di entrambi gli schieramenti stiano lavorando per accorciare il divario.
Altra montagna da scalare riguarda il periodo di transizione di un eventuale nuovo accordo. L'Europa vorrebbe che durasse 10 anni, poi ha lanciato un'offerta per 6, Johnson e i suoi sono disposti solo a un prolungamento di 3 anni.
Brexit: la reazione dei mercati
Il mancato accordo su Brexit ha mandato in rosso tutte le principali Borse europee stamattina, depresse già dal pericolo di una mutazione del genoma del Covid-19 proprio in Gran Bretagna e che ha già fatto scattare la sirena d'allarme in vari Stati, tra cui l'Olanda e l'Italia. I due Paesi hanno già chiuso i collegamenti con Londra.
Il fatto ha anche spinto la Prima Ministra scozzese Nicola Sturgeon a chiedere a Boris Johnson di lavorare per un'estensione del periodo di transizione della Brexit, in modo da concentrare gli sforzi per arginare la possibilità che questa variante di Coronavirus dilaghi in maniera incontrollata.
Le perdite dei mercati azionari sono nell'ordine del 2%, ma il FTSE 100 londinese scende poco oltre l'1%. La Sterlina invece s'inabissa e perde il 2% nei confronti del Dollaro USA e l'1,5% in rapporto all'Euro. Crollo assoluto del petrolio che cede più del 4%.
Il greggio da un lato viene venduto per via della paura che il nuovo virus renda inefficaci i vaccini e quindi incida sui trasporti, da un altro lato risente del fatto che il 25% delle azioni della London Stock Exchange sono rappresentate da compagnie petrolifere. L'oro rivede quota 1.900 dollari l'oncia, per effetto della corsa verso i beni rifugio da parte degli investitori allorquando si manifestano sui mercati segnali di turbolenza.