In Italia, quando si parla di OPA (Offerta Pubblica di Acquisto), si ha a che fare spesso con aziende che cambiano pelle, mercati che si consolidano e storie che intrecciano economia, politica e cultura imprenditoriale. Un tempo, le OPA venivano viste quasi come eventi straordinari, a volte poco trasparenti, in un mercato dove le strutture societarie erano spesso complesse e le partecipazioni incrociate molto diffuse. Oggi, invece, l’Offerta pubblica assume una dimensione più strategica: può significare ristrutturazione, delisting o un cambio di assetto profondo.
OPA in Italia: il podio
In questo articolo esploriamo tre operazioni emblematiche che aiutano a capire come e perché le OPA italiane siano diventate protagoniste.
Atlantia: l’OPA totalitaria che porterà al delisting
Nel 2022, la holding
Edizione - legata alla famiglia Benetton - e il fondo americano
Blackstone hanno annunciato
un’OPA totalitaria su Atlantia al prezzo di 23 euro per azione, più un dividendo di 0,74 euro, con l’obiettivo di ritirare la società dalla
Borsa di Milano. L’operazione, del valore stimato in circa 13 miliardi di euro, ha incorporato un premio del 28,4% rispetto al prezzo di Borsa prima dell’annuncio. In seguito, l’offerente ha raggiunto oltre il 96% delle azioni.
Tale soglia permette lo “squeeze-out”, ossia la facoltà di acquisire anche le azioni residue dei soci rimasti fuori. L'OPA quindi non è stata solo un’acquisizione, ma un vero ritiro dalla Borsa di una grande infrastruttura italiana, segno che un'Offerta pubblica di acquisto può essere usata come strumento di privatizzazione o ristrutturazione. Inoltre ha mostrato come gli investitori esteri - Blackstone nella fattispecie - e quelli nazionali (Edizione) possano cooperare in operazioni strategiche su asset italiani.
Mps conquista Mediobanca per il terzo polo bancario
Nel 2025 Banca Monte dei Paschi di Siena ha deciso di fare una mossa audace: acquistare Mediobanca, una delle istituzioni più storiche e influenti della finanza italiana. Lo ha fatto attraverso un’Offerta pubblica di scambio, cioè proponendo agli azionisti di Mediobanca di consegnare i propri titoli in cambio di azioni MPS.
All’inizio MPS offriva 2,3 proprie azioni per ogni azione Mediobanca, ma dopo alcune correzioni legate ai dividendi il rapporto è salito a 2,533 azioni. In pratica, chi aderiva riceveva nuove azioni MPS invece di soldi.
La proposta, però, non è stata accolta con entusiasmo: il consiglio di Mediobanca l’ha giudicata “ostile” e troppo bassa, sostenendo che non rifletteva il vero valore della banca.
Successivamente, il corrispettivo è stato aggiornato, includendo una componente in denaro aggiuntiva, portando il controvalore "monetario" implicito complessivo dell'Offerta a 13,5 miliardi di euro, di cui 12,8 miliardi relativi al corrispettivo in azioni e circa 0,75 miliardi (750 milioni) in denaro.
All’inizio pochi azionisti hanno accettato, ma dopo la riapertura dei termini l’aria è cambiata: le adesioni sono salite fino a oltre l’86%, permettendo a MPS di prendere il controllo.
È stata una delle operazioni più discusse degli ultimi anni, vista da molti come un segno di rinascita per MPS - che da anni cercava di ritrovare stabilità - e allo stesso tempo come un passaggio epocale per Mediobanca, che ha perso la sua indipendenza dopo decenni. In sostanza, con un’offerta da circa 13,5 miliardi, Monte dei Paschi è riuscita a portare a casa una delle banche simbolo della finanza italiana, segnando un punto di svolta nel panorama bancario del Paese.
Intesa e UBI: la storia dell’acquisizione che ha riscritto il panorama bancario italiano
Nel 2020 Intesa Sanpaolo ha deciso di fare una mossa che ha fatto parlare tutti in Italia: acquisire UBI Banca, una delle banche storiche del Paese. L’idea era chiara: unire le forze per creare un gruppo più grande e solido, capace di affrontare le sfide del mercato e di competere meglio in Europa.
Per convincere gli azionisti di UBI, Intesa ha proposto la seguente offerta: per ogni 10 azioni UBI, gli aderenti avrebbero ricevuto 17 azioni di Intesa. E per rendere l’offerta più allettante, c’era anche un piccolo extra in contanti, circa 57 centesimi per azione. In pratica, chi accettava prendeva sia nuove azioni della banca più grande, sia un piccolo bonus in soldi.
Il valore totale dell’operazione è ammontato in circa 4,86 miliardi di euro. Non era un pagamento in contanti enorme, perché la maggior parte dell’OPA era fatta con azioni, ma rappresentava comunque una cifra da capogiro e una mossa strategica molto ambiziosa.
All’inizio molti azionisti erano titubanti. Tuttavia, con il passare delle settimane, sempre più persone hanno deciso di aderire, e alla fine Intesa ha raccolto abbastanza azioni da avere il controllo quasi totale della banca.
Questa operazione ha cambiato il volto del panorama bancario italiano: Intesa è diventata ancora più forte, contando su una rete più ampia di clienti e una posizione più solida. Per molti esperti è stata una mossa storica, che ha segnato un vero punto di svolta nel settore bancario del nostro Paese.
Cosa trarne da queste tre operazioni
Osservando questi casi si possono tirare alcune conclusioni interessanti:
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In Italia l’OPA non è sempre sinonimo di “scalata ostile” o di takeover lampo: spesso è uno strumento usato per delisting, ristrutturazione o consolidamento.
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Il contesto italiano unisce elementi industriali, finanziari e politici: asset strategici, marchi storici, infrastrutture e controllo nazionale sono tutti parte della partita.
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Le OPA italiane riflettono a volte la tensione tra tutela del “nazionale”, l'apertura al capitale internazionale e il coinvolgimento del governo.