- I Paesi Bassi sono diventati il principale scoglio da superare per un'Europa unita;
- L'Olanda però ha parecchie zone grigie per cui dover rendere conto;
- Dal dumping fiscale al debito privato, i paradossi non mancano.
Mes o Eurobond? Il dilemma che sta infiammando il dibattito su scala nazionale ed europea ruota intorno ad un Paese che dal principio si è messo di traverso a qualunque forma di mutualizzazione del debito. E che ha rappresentato e rappresenta l'ostacolo più arcigno di fronte al quale sistematicamente va a sbattere ogni proposta in tale direzione. Già, l'Olanda. Paese di 7 milioni di abitanti che tiene in ostaggio un intero Continente, fondando la sua strenua difesa su un rigorismo spietato e forse illogico vista la situazione. Ma è davvero così lindo il proprio modus operandi orange di fronte ad ogni contesto? Il rigorismo vale in tutti i campi? Vediamolo insieme.
Olanda: i 5 paradossi dei falchi
Sono parecchie le cose che fanno discutere del rigore estremo degli Orange e potrebbero essere sintetizzate in quatrro punti. Vediamoli insieme:
Paradiso che fa dumping fiscale continentale
L'Olanda è un paradiso fiscale, attrae come il miele le multinazionali e crea le condizioni ideali per ogni forma di elusione fiscale. Il Corporate Tax Haven Index è una classifica del Justice Tax Network dei Paesi che favoriscono attraverso le leggi e le lacune normative tutte le società che intendono eludere il fisco. Tutto ciò avviene attraverso un punteggio assegnato che si basa su 20 indicatori raggruppati in 5 categorie: a) aliquota fiscale più bassa; b) scappatoie e lacune; c) trasparenza; d) anti elusione; e) doppia imposizione. Ebbene, l'Olanda occupa il quarto posto dietro le Isole Vergini britanniche, le Bermuda e le Cayman. Secondo un rapporto che nel 2018 il Ministero delle Finanze olandese ha inviato al Parlamento dell'Aia, ci sono 15 mila finanziarie speciali in Olanda che fanno girare 4.500 miliardi l'anno pagando tasse su soli 199 miliardi. La maggior parte di queste società non hanno personale e nemmeno una reale attività, ma funzionano soltanto come veicolo per eludere le imposte. E nell'ottobre del 2019 il Parlamento Europeo si è pronunciato sulle società scudo olandesi rilevando come i Paesi Bassi sono una fonte di attrazione delle multinazionali grazie agli investimenti esteri che superano di 5 volte il PIL del Paese. Secondo alcune stime, questo dumping fiscale continentale costa ogni anno alle casse dello Stato italiano 1,5 miliardi.
Diritto societario che limita il libero scambio
Il diritto societario olandese permette agli azionisti di lungo periodo di esercitare un controllo anche non avendo la maggioranza delle quote. Questo per effetto del voto plurimo che è permesso nelle assemblee degli azionisti, il che significa rendere più flessibile la governance societaria e poco scalabile l'azienda. Di conseguenza si vengono a creare dei gruppi di diritto olandese attraverso una serie di società che ne controllano altre, in barba al libero mercato. Senza contare la minor contendibilità anche dei reali asset nazionali, elemento che nell'architrave normativa dovrebbe invece lasciare libero spazio alle iniziative private sulla libera circolazione delle persone e dei capitali.
Export con saldo positivo da 11 miliardi con l'Italia
L'import-export nei confronti del nostro Paese, così tanto vituperato, è cresciuto costantemente nel corso degli anni. Basti pensare che secondo i dati ISTAT i Paesi Bassi hanno acquistato da noi ben 11,8 miliardi di beni che vanno dai prodotti farmaceutici, a quelli del settore petrolifero, ai macchinari, agli indumenti, all'agricoltura. Una cifra notevole. Peccato che le loro esportazioni verso l'Italia siano 23 miliardi di euro, il doppio delle nostre. Il saldo della bilancia commerciale italiana è ampiamente negativo, fattore inevitabile se si pensa al peso dei diversi mercati: 7 milioni di consumatori verso 60.
Debiti privati delle famiglie 4 volte quello italiano
La questione del debito italiano è il cavallo di battaglia dei falchi del Nord, capaggiati mai come ora dal Premier orange Rutte. La superiorità nella gestione delle casse nazionali (forse proprio grazie al dumping fiscale?) viene sempre messa sul piatto della bilancia. Che l'Italia sia il terzo Stato al Mondo per ammontare non vi sono dubbi, il Paese finora ha però sempre dimostrato di saper onorare i propri impegni. E' altresi vero che le famiglie italiane hanno una quota di risparmi tra le più alte sul pianeta. Soprattutto i debiti sono a livelli profondamente diversi rispetto ai "ragionieri" orange. Secondo i dati forniti dalla BCE e dalla Commissione europea di fine 2019, il rapporto tra debito privato e reddito disponibile delle famiglie olandesi era del 220%. Quattro volte quello delle famiglie italiche, il cui rapporto è del 55%.
Banche con il vizio dei derivati
Lo scoppio della pandemia da Coronavirus avrà pesanti ripercussioni su tutte le economie del pianeta. Emblematica la fotografia fatta nei giorni scorsi dagli analisti del FMI. Il crollo del PIL, la chiusura di molte imprese e il balzo della disoccupazione avranno a cascata un impatto negativo sui bilanci e sui Non Performing Loans di tutte le banche. L'ingente mole di debito privato olandese getta le basi per un futuro più fosco verso il sistema creditizio dell'Aja rispetto a quello di altri Paesi. Se non altro perchè le banche olandesi, così come anche la crisi dei mutui sub-prime, hanno un ulteriore fattore di rischio tipico del proprio Paese: il vizio per i derivati. Tra le prime nazioni costrette a salvare le banche con i soldi pubblici fu proprio l'Olanda, non l'Italia. A quei tempi ovviamente il rigoroso sistema del bail-in non era ancora stato messo in campo. Il libero mercato come visto prima vale solo quando viene applicato ad altri (chiedere agli azionisti Banca Etruria o Banca Marche per esempio). Parlando di Olanda, non si può non parlare di ABN Ambro, banca controllata proprio dallo Stato. Finita gambe all'aria a causa dei derivati in pancia nel 2008, quello che al tempo era il secondo istituto bancario del Paese sembra avere ancora nei derivati il proprio vulnus. La banca ha finanziato operazioni di trading su opzioni e futures con la leva finanziaria di un importante cliente americano. Risultato? La volatilità dei mercati di fine febbraio/inizio marzo ha portato al margin call delle posizioni del cliente, incapace di far fronte alla perdita. ABN Ambro si è dovuta accollare un buco da 250 milioni di dollari, il 10% degli utili previsti per il 2020. A questo si potrebbe aggiungere che a seguito delle ispezioni delle Autorità di Vigilanza, gli esponenti della banca hanno cercato di far apparire profitti inesistenti.
Si potrebbe andare avanti nell'elenco dei diversi paradossi Made in Holland, Paese in cui nel 1637 scoppiò la prima bolla speculativa dei mercati finanziari, quella dei tulipani. Ragionando in un'ottica europea e avendo tutti i Paesi i loro pregi e difetti ci fermiamo qui. Forse a fermarsi nel loro rigorismo e nella credenza di superiorità rispetto ad altri Paesi dovrebbero essere anche il Premier Rutte e il suo falchetto Hoekstra, il Ministro dell'economia olandese.