Il Medio Oriente si sta affermando come uno dei centri più dinamici al mondo per l’intelligenza artificiale. Lo afferma Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, che in un’intervista a CNBC ha paragonato la crescita di Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar all’ascesa della Silicon Valley nei suoi anni più vitali.
Secondo Dalio, la combinazione tra ingenti capitali e un forte afflusso di talenti globali sta trasformando la regione del Golfo in un polo irresistibile per investitori e innovatori dell’AI. Vediamo tutto quello che c’è da sapere.
Emirati e Arabia Saudita in prima linea nell’AI
Nel 2025, gli Emirati e l’Arabia Saudita hanno lanciato iniziative multimiliardarie per potenziare cloud, data center e infrastrutture avanzate, sostenuti dai fondi sovrani e da collaborazioni con i giganti tecnologici internazionali. Un esempio è l’accordo da 10 miliardi di dollari tra Google Cloud e il Public Investment Fund saudita, pensato per creare nel regno un hub globale dell’AI.
A ciò si aggiunge la costruzione negli Emirati di un grande campus “Stargate”, nato dalla collaborazione tra OpenAI, Oracle, Nvidia e Cisco. Per Dalio, questi progetti non portano soltanto tecnologia, ma contribuiscono alla formazione di nuovi talenti, rafforzando l’immagine del Golfo come “Silicon Valley dei capitalisti”.
Dalio ha spiegato che la trasformazione del Golfo è il risultato di strategie governative di lungo periodo, leadership stabile e una chiara visione di sviluppo. Descrive gli Emirati come “un paradiso in un mondo turbolento”, citando stabilità, qualità della vita e ambizioni finanziarie che richiamano imprenditori e investitori. L’atmosfera, secondo lui, ricorda l’energia che si respira a San Francisco quando si parla di intelligenza artificiale e nuove tecnologie.
Dalio avverte: “I prossimi due anni saranno più incerti”
Accanto all’ottimismo per la crescita del Medio Oriente, Dalio mette in guardia sulla situazione economica globale, che ritiene destinata a un periodo di incertezza. A suo avviso, tre grandi forze stanno convergendo in modo potenzialmente problematico: l’aumento del debito, il clima politico sempre più teso negli Stati Uniti e le tensioni geopolitiche.
Questi elementi, combinati, stanno già provocando squilibri in diversi settori, tra cui private equity, venture capital e immobili commerciali, dove molte realtà devono rifinanziare il debito a tassi più elevati. Le dinamiche attuali, spiega Dalio, ricordano la bolla del 2000 più che quella del 1929.
Pur riconoscendo che l’entusiasmo intorno all’AI presenta caratteristiche da bolla, Dalio invita gli investitori a non farsi prendere dal panico. Le bolle, osserva, nascono nei momenti di maggiore innovazione tecnologica e non necessariamente indicano che sia il momento di uscire dal mercato.
Ciò che conta è identificare il momento in cui la bolla rischia di scoppiare, un evento che di solito coincide con una stretta della liquidità o con l’obbligo forzato di vendere asset per coprire debiti (La bolla dell’AI cresce: ecco perché per Ray Dalio non bisogna vendere). Dalio prevede che la politica statunitense diventerà ancora più conflittuale in vista delle elezioni del 2026, aggravando un quadro già segnato da tassi d’interesse elevati e da una leadership di mercato estremamente concentrata.
Dalio ha aggiunto che molti Paesi si trovano intrappolati tra la necessità di ridurre il debito e l’impossibilità politica di aumentare le tasse o tagliare i benefici, un contesto che alimenta polarizzazione e populismo tanto a sinistra quanto a destra.