Gli attacchi missilistici nel Mar Rosso che durano da oltre dieci giorni non si fermano, intralciando una delle rotte commerciali più trafficate del mondo. I ribelli Houthi dello Yemen, sostenuti dall'Iran, hanno come obiettivo quello di prendere di mira qualsiasi nave che ha legami con Israele in risposta ai bombardamenti sanguinosi nella Striscia di Gaza.
Finora nessuna nave è stata affondata, ma alcune petroliere e navi da carico hanno subito danneggiamenti importanti. In ogni caso, le imbarcazioni sono state costrette a cambiare rotta evitando le acque al largo delle coste dello Yemen, il che causa forti ritardi nella consegna delle merci. Il problema è che il sostegno ai palestinesi da parte degli Houthi si sta traducendo in un attacco indiscriminato, perché alcune compagnie non hanno legami con Israele e sono preoccupate per la vulnerabilità delle loro navi.
Gli Stati Uniti hanno annunciato una missione per la sicurezza, a cui si unisce anche l'Italia. Inoltre, vi sono navi con le proprie guardie armate, che possono sparare su mezzi in avvicinamento ostili. Il fronte anti Houthi però non può annullare i disagi e i riflessi che questa situazione avrà sull'economia e sui mercati.
Mar Rosso: gli attacchi di Houthi per il commercio
Ma quali possono essere realmente le ripercussioni a livello economico e sui mercati? Il Mar Rosso è una zona di transito estremamente importante per il commercio internazionale, perché è l'unica via per il Canale di Suez, che collega i grandi fornitori asiatici con i maggiori consumatori europei. Secondo quanto riportato da Ishan Bhanu, analista di Kpler, piattaforma di trading delle materie prime, circa il 12% del commercio globale passa attraverso il canale, con il 30% di tutto il traffico globale di container e oltre 1.000 miliardi di dollari di merci all'anno. Inoltre, 80 milioni di tonnellate di cereali transitano da lì, di cui oltre un terzo diretto in Cina. Goldman Sachs invece riporta come circa 7 milioni di barili di petrolio passano ogni giorno attraverso Bab-al-Mandab, lo stretto che le navi attraversano per entrare nel Mar Rosso dall'Oceano Indiano.
L'esperienza della pandemia dimostra come le linee di approvvigionamento possano essere fragili quando si verificano interruzioni nel Mar Rosso. Un esempio emblematico è quello della nave portacontainer Ever Given, rimasta bloccata nel Canale di Suez nel 2021 per una settimana. Allora ci vollero diversi mesi per ripristinare la funzionalità delle catene di approvvigionamento come prima.
Tutto ciò inevitabilmente ha un impatto sui prezzi delle materie prime esportate, rischiando di creare nuove e pericolose spirali inflazionistiche. L'allarme non va sottovalutato, perché l'economia mondiale è reduce da un anno e mezzo di strette monetarie per combattere l'inflazione, al prezzo salato di un rallentamento dell'economia. Una nuova fiammata del carovita rischia stavolta di trovare le Banche centrali con armi spuntate.
Gas e petrolio?
Un aspetto che molto sta interessando e preoccupando gli Stati riguarda la situazione sul mercato energetico, foriera di una grave crisi nel 2022 a seguito dello scoppio della guerra Russia-Ucraina. Lo spauracchio di una nuova ondata di rincari dei prezzi di gas e petrolio sta tenendo molti con il fiato sospeso, ora che lo shock del calo delle forniture da Mosca è stato almeno in parte superato.
Ma quanto è realistico che ciò accada? Alcuni segnali poco confortanti ci sono. Ad esempio, quando il 18 dicembre la major energetica BP Plc ha annunciato un'interruzione temporanea dei viaggi nel Mar Rosso, le quotazioni del gas europeo si sono impennate fino al 13%. L'Europa oggi dipende sempre di più dal gas naturale liquefatto che proviene dalle navi cisterna per sostituire il combustibile russo che un tempo transitava dai gasdotti. Tra l'altro, sembra che le spese di spedizione e di assicurazione stiano aumentando.
Per quanto riguarda il petrolio, la situazione è meno allarmante rispetto al gas, ma non è affatto da prendere sottogamba. Da quando l'Occidente ha imposto sanzioni alla Russia, il Paese guidato da Vladimir Putin ha raddoppiato le forniture all'Asia. Le spedizioni passano attraverso il Canale di Suez e questo significa che un intralcio tende a ridurre l'offerta spingendo in alto i prezzi del greggio.