- I risparmiatori italiani triplicano i depositi in conto corrente nel mese di marzo;
- La paura della volatilità dei mercati e le incertezze sull'economia hanno comportato la fuga dal risparmio gestito e l'impiego verso forme più liquidite;
- Il MEF promette l'emissione di un altro titolo di Stato con l'obiettivo di raddoppiare gli investimenti dei risparmiatori italiani sul nostro debito pubblico,
Il Coronavirus ha svuotato le tasche degli italiani. E non solo perché il calo delle attività produttive ha rallentato i consumi, ma perché la liquidità che non è stata spesa si è andata a riversare sui conti correnti. Lo dimostra uno studio di Deposit Solution, piattaforma di open banking sui depositi.
L'incertezza sul futuro riempie i conti correnti
Sulla base dei dati pubblicati dalla BCE, la fintech riporta come nel mese di marzo gli italiani hanno versato ben 16,8 miliardi di euro nei propri conti bancari, una cifra superiore del 254% rispetto a marzo del 2019 e del 346% della media dell'anno scorso. La tendenza è perfettamente in linea con quella di altri Paesi europei come Francia e Spagna che hanno visto rispettivamente aumentare i conti correnti dei propri risparmiatori di 19 e 10 miliardi.
La situazione di incertezza che si è venuta a determinare sta alla base del comportamento dei risparmiatori. Questa si è specchiata prima di tutto nel lavoro: molte fabbriche si sono trovate costrette a ridurre il personale per via dei mancati introiti dovuti al lockdown, il numero dei cassa integrati è aumentato a dismisura e una buona parte delle aziende operanti in certi settori non sa se e quando potrà tornare a regime. In questo contesto tenere denaro liquido da utilizzare al momento del bisogno in maniera tempestiva sembra essere la migliore delle soluzioni per gran parte degli italiani.
La decisione di lasciare le proprie risorse sul conto corrente è legata in secondo luogo alle dinamiche dei mercati finanziari di questi mesi: l'incertezza e l'estrema volatilità cui abbiamo assistito in quest'ultimo periodo ha distrutto sul nascere qualsiasi altra alternativa di impiego dei propri risparmi. Secondo Ermanno Ciarrocchi, Chief Sales Officer Europe di Deposit Solutions, in una situazione di profonda crisi come quella attuale i risparmiatori di tutto il mondo preferiscono rifugiarsi in assets più sicuri tenendo alta l'avversione al rischio.
Il deflusso dal risparmio gestito e il grande successo del BTP Italia
La corsa alla liquidità si accompagna in questo scorcio di stagione alla fuga dal risparmio gestito. Assogestioni ha pubblicato ieri i dati del primo trimestre dell'anno, valori che hanno messo in risalto come nel periodo i fondi aperti abbiano dovuto liquidare quote per 10,8 miliardi di euro e le gestioni di portafoglio abbiano registrato uscite per 1,2 miliardi. In controtendenza i fondi chiusi, che hanno visto aumentare le masse in gestione grazie a una raccolta positiva per 282 milioni di euro. C'è da notare che nella composizione di portafoglio dei fondi aperti, i risparmiatori italiani prediligono quelli monetari (+6,2 miliardi) e quelli bilanciati (+755 milioni).
Una parte dei soldi tolti al risparmio gestito sono andati a finire nelle casse del Tesoro, come dimostra il grande successo avuto dal BTP Italia nell'ultima emissione . A spingere i risparmiatori verso il titolo di Stato sono stati vari fattori, tra cui il rendimento molto allettante e la convinzione che le somme sarebbero state utilizzate nella lotta al Coronavirus.
Questo fa supporre che il MEF possa riproporre durante l'anno una nuova emissione di BTP Italia, almeno stando alle parole del capo della Direzione Debito Pubblico, Davide Iacovoni. In un'intervista a Repubblica, l'esponente ministeriale aggiunge che è in programma sicuramente il lancio di un nuovo titolo di Stato con caratteristiche diverse e innovative, che non sarà agganciato all'inflazione italiana come quello appena emesso ma che avrà probabilmente delle agevolazioni fiscali. L'obiettivo è quello di far crescere almeno del doppio la quantità di titoli del debito pubblico nel portafoglio delle famiglie, visto che attualmente non supera il 3%.