La stagione delle trimestrali europee si apre sotto una nube minacciosa: i dazi americani. Le stime sugli utili delle società facenti parte dell’indice Stoxx Europe 600, che la scorsa settimana erano attese in lieve calo (-0,2%), ora secondo LSEG mostrano una previsione più cupa: -0,7% anno su anno.
Il settore manifatturiero è il più colpito, e l’industria automobilistica ne incarna il dramma. Jaguar Land Rover, di proprietà di Tata Motors, ha registrato un calo delle vendite al dettaglio del 15,1% nel trimestre concluso a giugno, a causa della “pausa nelle spedizioni verso gli USA” dopo l’introduzione dei nuovi dazi.
Volvo Trucks, altra icona europea, ha risposto tagliando la capacità produttiva in Nord America. Il CEO Martin Lundstedt parla di “domanda debole e incertezza su dazi e regolamentazioni ambientali”.
Prezzi più alti, margini più bassi: la lunga ombra dei dazi
Non serve essere un industriale per sentire l’effetto delle tariffe. Essity, azienda nota per i prodotti per l’igiene personale (come il marchio TENA), ha dovuto alzare i prezzi per controbilanciare l’aumento del costo delle merci — dazi inclusi.
Più amara la realtà per Barry Callebaut: il colosso svizzero del cioccolato ha registrato un calo del 9,5% nei volumi del terzo trimestre, proprio a causa dell’instabilità commerciale in Nord America. Morale: guidance rivista al ribasso.
E poi ci sono gli effetti più subdoli, come il rinvio degli investimenti. ABB, colosso svizzero dell’automazione, rileva un atteggiamento attendista tra i clienti della sua divisione robotica, mentre la norvegese Tomra lamenta ordini rimandati. In breve: per ora la guerra commerciale non distrugge, ma congela.
Non tutti piangono: le eccezioni che confermano la regola
C’è però chi, nei bilanci, riesce ancora a sorridere. Novartis, gigante farmaceutico elvetico, dorme sonni relativamente tranquilli. Il CEO Vasant Narasimhan ha rassicurato gli investitori: “Abbiamo abbastanza scorte negli Stati Uniti per il 2025. Stiamo accelerando per produrre localmente e mitigare completamente i dazi”.
Sono le prove che, con visione e preparazione, le guerre commerciali si possono anche disinnescare. Ma sono eccezioni, non la norma. Il quadro generale resta quello di un’Europa che subisce, più che reagire, e di un’economia globale sempre più fratturata da logiche geopolitiche. Il conto, purtroppo, non è ancora arrivato per intero.