- Inflazione al 50 e povertà diffusa rendono il debito di Buenos Aires ingestibile
- I creditori dicono NO al piano presentato dal ministro dell’Economia, Martín Guzmán
- Il presidente argentino Alberto Fernández tenta di aprire nuovi spiragli
Inflazione al 50% e un tasso di povertà che riguarda un terzo della popolazione. Queste sono solo due tra le ragioni più socialmente rilevanti che stanno spingendo l’Argentina verso il nono default.
Cosa sta succedendo in Argentina
In poche parole i fatti. Già da tempo il problema di un debito ingestibile e quindi da rinegoziare, affligge i vertici del Paese. Uno scenario che si è ripetuto nella storia ben altre otto volte. Da Buenos Aires erano stati avviati dei tavoli di trattative per riuscire a chiudere con i creditori una ristrutturazione del debito. Ma mentre mancano ancora quattro giorni alla scadenza dell’offerta fatta dal governo argentino, i principali gruppi di creditori (che includono nomi come BlackRock, Fidelity e T Rowe) hanno già confermato il no alla proposta avanzata dalla Casa Rosada. Proposta definita, tra le altre cose “sproporzionata”. I termini, infatti, prevedevano la sospensione di tutti i pagamenti del debito per tre anni, un taglio di oltre il 60% degli interessi e riduzione del 5,4% del rimborso del capitale
Rischio nono default in Argentina
L’Argentina, dunque, si avvia verso il nono (ed anche questo annunciato) default? Forse, anche se non è detta l’ultima parola. Infatti i creditori si sono detti aperti a nuove negoziazioni, il loro blocco, infatti, è indirizzato solo verso le proposte avanzate adesso dal governo e non dall’idea di una ristrutturazione. Tutto da rifare, quindi, per il ministro dell’Economia, Martín Guzmán, ma, contemporaneamente, anche un margine di azione che si va restringendo. Le richieste dei due fronti appaiono difficili da avvicinare dal momento che la controproposta degli obbligazionisti è stata definita dal ministro troppo lontana dal "fornire il sollievo di cui l'Argentina aveva bisogno per ripristinare la sostenibilità del debito".Infatti, oltre a non prevedere nessuna riduzione su capitale o interessi, si limitava solo alla riprogrammazione dei pagamenti e ad una riduzione finale stimata intorno all'8% del debito.
I tentativi della politica
Inoltre le tempistiche, già rallentate a causa dell’emergenza Covid-19, sono anch’esse minime visto che la scadenza del piano del ministro è fissata all’8 maggio. Da parte sua il presidente argentino Alberto Fernández, vorrebbe riuscire ad aprire nuovi spiragli, se non altro nella durata del calendario. Insomma rendere le posizioni oltranziste di Guzman meno drastiche e permettere il proseguimento di eventuali trattative anche oltre la deadline che, stando alla sua proposta, sarebbe fissata al 22 maggio. Una decisione che nasce dal fatto che il FMI ha appoggiato il progetto del ministro nonostante questo non avesse convinto che poco meno di un terzo dei tanti creditori.