Warren Buffett ha sempre avuto una certa riluttanza verso la tecnologia nelle sue operazioni di investimento. Ha da sempre mantenuto fede ad alcuni suoi principi granitici, assorbendo l'influenza dei suoi mentori,
Benjamin Graham e Phil Arthur Fisher, nonché del suo amico e socio in affari
Charlie Munger. Tuttavia, ha anche fatto uno strappo alla regola acquistando azioni di alcune grandi società tecnologiche, ma solo perché presentavano determinate caratteristiche che hanno catturato l'attenzione del leggendario investitore.
Warren Buffett e la tecnologia: due mondi separati
La filosofia di investimento di Buffett si basa su una serie di criteri incrollabili, tra cui quello di comprare titoli di società che si comprendono. In sostanza, a suo giudizio, bisogna investire in aziende con un prodotto e un business semplice, quindi facile da capire. Per questo, dopo averla seguita per decenni, si è innamorato di una società come Coca-Cola.
Il colosso americano infatti produce un concentrato, che trasmette agli imbottigliatori, i quali a loro volta lo distribuiscono come bevanda nei supermercati, nei ristoranti, nei negozi e nei fast food. Tutto qui. Eppure l'azienda è riuscita a creare un qualcosa che nessun altro è stato in grado di imitare e per questo ha costruito intorno a sé un fossato. Buffett tiene molto a questo termine. Il fossato è un luogo - una specie di fortezza - dove le caratteristiche peculiari di un'azienda sono tali da tenere distante la concorrenza.
Tornando alla semplicità e comprensibilità del business, il 94enne miliardario ha affermato che la tecnologia non presenta questi requisiti. Il motivo è che quel mondo è in continua evoluzione e una società deve costantemente investire per innovarsi senza alcuna garanzia di conservare il successo negli anni. In altri termini, mentre un'azienda come Coca-Cola da quasi 150 anni propone lo stesso prodotto e quindi ha alle spalle una lunga storia di successi, le imprese tecnologiche non vantano lo stesso pedigree e quindi il percorso futuro sarà per forza di cose determinato da una certa aleatorietà.
In definitiva, più che non comprendere il business della tecnologia, Buffett sa di non avere elementi sufficienti per prevedere, con una certa dose di attendibilità, quelli che saranno gli utili futuri delle aziende del settore. Tutto questo spiega perché per tanto tempo si è tenuto fuori da giganti tech come
Microsoft, nonostante la pluriannuale amicizia con il suo fondatore
Bill Gates con cui si è imbattuto in numerose opere di filantropia.
Alcuni casi
L'aspetto più curioso e paradossale nel rapporto tra Buffett e la tecnologia è che la principale partecipazione della Berkshire Hathaway - il conglomerato finanziario da lui controllato e guidato dal 1965 - è in una società tecnologica: Apple. Quando nel 2016 la società con sede a Omaha acquistò le azioni del colosso di Cupertino, fece molto scalpore, perché la maggior parte tra investitori e analisti pensò che Buffett stesse contravvenendo ai suoi principi.
Ma fu veramente così? La spiegazione della mossa del re del value investing può essere sintetizzata in un'intervista che rilasciò nel 2018, in cui disse scherzando che se portasse i suoi ragazzi al Dairy Queen la domenica, li troverebbe tutti ad armeggiare con il loro iPhone senza rivolgergli la parola, se non quando ordinava per loro i gelati. Questo significa che Apple vende qualcosa di cui le persone non possono fare a meno, perché intorno a ciò hanno costruito tutta la loro vita. Quindi, più che un'azienda tecnologica, Apple è una società di beni di consumo, secondo Buffett. Tra l'altro, è un'azienda fondata nel 1976, il che implica una lunga storia dietro.
Ma c'è di più. Innanzitutto, la Big Tech ha una capacità straordinaria di determinazione dei prezzi, grazie al suo brand basato su innovazione costante, marketing, design e funzionalità dei suoi prodotti, imaging e molte altre cose. In virtù di queste caratteristiche ha creato una larga base di clienti fedelissimi all'azienda, disposti a pagare anche un prezzo superiore rispetto agli altri pur di avere quel prodotto.
Basta e avanza questo per costruire il famoso fossato e tenere distante la concorrenza. In secondo luogo, Apple ha creato un ecosistema chiuso per cui i suoi dispositivi sono incompatibili con altre piattaforme. Tutto ciò ha come effetto quello di generare un flusso di ricavi, che tra l'altro comporta, in termini relativi, pochi investimenti di capitali. Infine, l'azienda è guidata da manager di altissimo livello, provenienti dalla scuola del suo fondatore, Steve Jobs, che ha infuso la cultura della creatività e dell'indipendenza.
Storia di successo, fossato e qualità del management sono tutti criteri solidi come roccia nelle scelte di investimento di Warren Buffett. Quindi in grado di compensare il fatto che Apple appartenga alla schiera delle società operanti nel ramo della tecnologia. Alla fine Buffett si è invaghito talmente tanto di Apple che in un passaggio dichiarò che se solo avesse potuto, avrebbe comprato tutte le azioni dell'azienda californiana.
Prima di Apple, Buffett investì in un'altra grande protagonista della tecnologia: il gigante dell'informatica IBM. Era il 2011 e la Berkshire Hathaway effettuò il più grande esborso di denaro mai fatto fino ad allora per un investimento singolo, ovvero 10,8 miliardi di dollari per 63,9 milioni di azioni IBM, equivalenti al 5,4% del capitale sociale.
Buffett rimase impressionato dalla gestione prima di Lou Gerstner e poi di Sam Palmisano, che riuscirono a risollevare una società che nel 1992 era sull'orlo del baratro. In particolare, l'oracolo di Omaha fu attratto dalla politica di buyback che i due manager attuarono nel tempo, il che contribuì all'incremento del prezzo delle azioni. Chiaramente non furono solo le scelte dei dirigenti che convinsero Buffett a investire, ma anche il fatto che l'azienda aveva un'egemonia nell'Information Technology come nessun altro e che nei precedenti vent'anni l'utile ebbe una crescita straordinaria grazie alla decisione di uscire dai business con bassi margini di profitto per concentrarsi su consulenza ed esternalizzazione.
Il 2 maggio 2019, un giorno prima della riunione annuale della Berkshire Hathaway, in un'intervista Buffett ammise di aver fatto un errore clamoroso a non acquistare le azioni Amazon. "Sono sempre stato un fan, e sono stato uno stupido a non averne mai acquistato", disse. Contestualmente dichiarò che "uno dei ragazzi" aveva comprato titoli Amazon, cosa che sarebbe emersa nel modulo 13-F, il documento trimestrale da presentare alla Securities and Exchange Commission con cui vengono riportati i movimenti sui titoli acquistati e venduti. Per uno dei ragazzi, Buffett si riferiva a Todd Combs o Ted Weschler, che gestiscono un portafoglio azionario dell'azienda per svariati miliardi di dollari. Nel deposito normativo di Berkshire, risultò che la società aveva acquistato 483.300 azioni del gigante di Seattle.
Quello di Amazon fu uno di quei casi in cui il temporeggiamento di Buffett derivava proprio dalla sua avversione alla tecnologia, sebbene come Apple anche il colosso e-commerce potesse considerarsi un'azienda di beni di consumo. Il guru della finanza nutriva però una grande ammirazione per Jeff Bezos, fondatore e allora Amministratore delegato di Amazon. A suo avviso, era uno dei personaggi più straordinari dell'epoca nel mondo dell'imprenditoria. "Sono rimasto colpito da Bezos fin dall'inizio, non avrei mai pensato che riuscisse a fare quello che ha fatto", dichiarò nel 2017.