Warren Buffett non è stato mai amante della tecnologia, ma se c'è qualcosa che gli è proprio indigesto questo è proprio il mondo delle criptovalute. La dirompenza con cui le valute digitali si sono avventate nel mondo degli investimenti e della finanza in generale è andata di traverso all'Amministratore delegato e principale azionista della Berkshire Hathaway.
Ha sempre considerato la tecnologia lontana dalla sua filosofia di investimento perché ritiene di non capirla. In realtà, Buffett ha acquistato diverse aziende tecnologiche concedendosi qualche strappo alla regola, dimostrando in assoluto di non mettere veti se ci sono alcune condizioni che fanno propendere per un investimento. Le criptovalute proprio non le considera. Eppure, come vedremo, il miliardario investitore ha incrociato il mondo crittografico in qualche circostanza, pur mantenendo fermo il suo pensiero al riguardo.
Warren Buffett e criptovalute: due mondi all'opposto
Nel 2018, in un'intervista alla CNBC, Buffett definì il
Bitcoin "veleno per i topi al quadrato", prevedendo tempi bui per tutto il settore delle criptovalute. "Posso dire quasi con certezza che faranno una brutta fine. Se potessi comprare una put quinquennale su ogni criptovaluta, sarei felice di farlo, ma non metterei mai allo scoperto il valore di un centesimo". Altrettanto duro fu il commento durante l'incontro con gli azionisti del 2021 in streaming, in occasione del quale dichiarò che pagherebbe 25 miliardi per una quota dell'1% di tutti i terreni agricoli o gli edifici residenziali negli Stati Uniti perché sono in grado di generare reddito da alimentari e affitto, ma non pagherebbe 25 dollari per detenere tutti i Bitcoin del mondo. "Cosa me ne farei? Dovrei venderli a te", disse rivolgendosi al socio in affari, il compianto
Charlie Munger.
Quest'ultimo è stato anche più duro: "non accolgo con favore una valuta così utile per rapitori, estorsori e così via. Inoltre, non mi piace sborsare qualche miliardo di dollari in più a qualcuno che ha appena inventato un nuovo prodotto finanziario dal nulla", disse. In un'altra occasione, Munger fu altrettanto schietto. "Sono orgoglioso di aver evitato le criptovalute. Sono come una malattia venerea o qualcosa del genere. Le considero al di sotto del disprezzo", tuonò. A suo avviso avrebbero dovuto essere totalmente vietate ed espresse apprezzamento alla Cina per averle bandite.
Ma perché i due partner ce l'avevano così tanto con le criptovalute? Dalle loro parole si evince che questo asset sia proprio agli antipodi con la loro visione sugli asset finanziari. Le valute digitali sono considerate da Buffett e Munger totalmente prive di valore intrinseco, basate su un sistema economico decentralizzato e senza alcun controllo. Tuttavia, in seguito Munger ha riconosciuto la potenziale utilità della tecnologia blockchain nel mondo finanziario.
L'investimento in Nubank
Come anticipato, Buffett ha incrociato la strada delle criptovalute quando a giugno 2021 ha investito 500 milioni di dollari in Nubank, una banca fintech brasiliana che consente transazioni crittografiche. Quello è stato un investimento iniziale, ma poi l'oracolo di Omaha ha incrementato la quota acquistando ancora 1 miliardo di dollari di azioni nel quarto trimestre dello stesso anno. A dicembre 2021 Nubank è sbarcata a Wall Street con un prezzo di 9 dollari per azione. A novembre 2024 le quotazioni hanno raggiunto un record di poco oltre 16 dollari per azione.
Il digital banking è un settore in crescita in America Latina, perché la regione è stata sempre poco servita dai sistemi bancari tradizionali e quindi il fintech ha trovato terreno fertile. "A livello mondiale non esiste un luogo più adatto che offra maggiori opportunità da cogliere per le società fintech", ha dichiarato qualche tempo fa la cofondatrice di Nubank, Cristina Junqueira. Ad ogni modo, considerando l'andamento delle azioni in Borsa della società brasiliana, viene da fare un'osservazione: Buffett detesta le criptovalute, ma su Nubank ancora una volta ha visto giusto.