Joel Greenblatt è considerato uno dei titani di Wall Street, grazie ai rendimenti straordinari conseguiti negli anni dal suo hedge fund Gotham Capital fondato nel 1985.
Il grande investitore è riuscito a sovraperfomare costantemente il mercato, con un ritorno annuo medio di circa il 50% (spese escluse ma senza contare le commissioni). Nei successivi vent'anni la performance media è scesa a circa il 40% l'anno, ma è risultata sempre ben oltre il rendimento dell'indice S&P 500.
Qual è il segreto? La sua filosofia di investimento si rifà agli insegnamenti dei padri del value investing:
Benjamin Graham e Warren Buffett. I due leggendari investitori basavano il loro approccio sul
comprare buone aziende a prezzi stracciati.
Joel Greenblatt: la valutazione di un'azienda
Il punto è come valutare una società. Greenblatt utilizza una combinazione di quattro metodi. Uno è quello di attualizzare i flussi monetari futuri stimati dell'azienda. Un secondo è di fare un confronto del valore con aziende simili.
In terzo luogo, Greenblatt stima quanto un acquirente informato valuterebbe l'azienda in un'ipotetica acquisizione. Infine, calcola il valore di liquidazione della società nell'ipotesi che terminasse l'attività vendendo tutti i suoi asset.
L'investitore 67 enne è consapevole dei limiti di ciascun metodo, ma egli si basa sul presupposto che tali limiti possono essere superati dal fatto che un'azione è sufficientemente economica e quindi presenta una buona potenzialità di rialzo. Greenblatt ha sempre considerato nella media la sua capacità di valutare le aziende, ma il suo vantaggio sta nella capacità di contestualizzare quanto accade sul mercato.
Joel Greenblatt: la formula magica
Nel 2003, Greenblatt lanciò uno studio scientifico in un cui assunse un grande esperto di informatica al fine di elaborare una quantità enorme di dati sulle aziende che considerava potenzialmente più attraenti. L'obiettivo era quello di dimostrare che queste garantissero rendimenti superiori comprandole a buon mercato.
Per arrivare a questo risultato, Greenblatt considerò due parametri chiave. Il primo era un elevato rendimento degli utili, calcolato come rapporto tra il reddito operativo lordo (EBIT) e il valore di impresa, ottenuto come somma tra il valore di mercato del patrimonio netto e il debito netto infruttifero.
Questo parametro era utile per mostrare che l'azienda generasse molto profitto rispetto al suo prezzo. Il secondo indicatore consisteva nell'elevato rendimento del capitale tangibile, ossia il rapporto tra l'EBIT e il capitale investito come somma tra capitale circolante netto e capitale fisso netto.
In sostanza, questo criterio aveva lo scopo di dimostrare che un'azienda di qualità fosse in grado di convertire in guadagni in maniera efficace le attività fisse e il capitale circolante.
L'esperto informatico analizzò ben 3.500 titoli americani, arrivando alla conclusione che quelli con il punteggio combinato più alto facevano riferimento ad aziende superiori alla media con prezzi inferiori alla media. A quel punto Greenblatt sperimentò cosa sarebbe successo acquistando trenta di questi titoli e dopo un anno sostituendoli con un nuovo lotto di trenta titoli in testa alla lista.
Il backtesting comprese il periodo dal 1988 al 2004 e i risultati furono sbalorditivi. La strategia avrebbe guadagnato in media il 30,8% l'anno, circa due volte e mezzo il rendimento medio annuale dell'indice S&P 500 di 12,4 punti percentuali. La "formula magica" di Greenblatt aveva qualcosa di sorprendente perché fu il trionfo della semplicità, dal momento che si basava solamente su due criteri.
Qualche problema
Il metodo risultava vincente ma non era una passeggiata di salute, pur nella sua semplicità. Metterlo in pratica significava tenere sotto controllo un gran numero di operazioni. Inoltre, il problema poteva nascere dal fatto di utilizzare dati di aziende inaffidabili, il che avrebbe portato gli investitori a fare ricorso ad azioni sbagliate.
A quel punto, per venire incontro ai suoi clienti, Greenblatt diede due opzioni: aprire un conto gestito in modo professionale, in cui si seguiva un processo predeterminato di acquisto e vendita sistematica di azioni della sua lista approvata a intervalli fissi; adottare un approccio fai da te, in cui ognuno sceglieva i titoli da mettere nell'elenco. Circa il 90% scelse la prima opzione e ottenne i risultati migliori. Alla fine, il giudizio personale degli investitori non era nemmeno riuscito a portarli a tenere il passo del mercato.
"Hanno commesso una serie di passi falsi", dichiarò Greenblatt, riferendosi al modus operandi degli investitori fai da te. "Hanno comprato quando il mercato è salito e sono usciti quando il mercato è sceso. Quando la strategia sovraperformava entravano, quando aveva una performance inferiore si tiravano indietro".
Inoltre, questi investitori rifuggivano le azioni meno attraenti dell'elenco, quando invece spesso rappresentavano le occasioni più ghiotte. Un modus operandi che dimostra come non basta avere tra le mani una strategia vincente, ma bisogna anche conservare quella disciplina per metterla in pratica, senza farsi dominare dall'impulsività.