Benjamin Graham: ecco cosa pensava delle obbligazioni convertibili | Investire.biz

Benjamin Graham: ecco cosa pensava delle obbligazioni convertibili

25 mar 2025 - 12:00

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Benjamin Graham sconsigliava agli investitori le obbligazioni convertibili per varie ragioni. Ecco qual era il suo pensiero su questi strumenti di investimento

Benjamin Graham non era molto entusiasta delle obbligazioni convertibili. Le considerava fondamentalmente uno strumento che, sebbene in teoria dovrebbe trarre il meglio dalle azioni e dalle obbligazioni, finisce invece per prendere il peggio.
 
Un'obbligazione convertibile è un titolo a reddito fisso che dà l'opzione all'investitore di convertirlo in azioni. Chiaramente l'acquirente sarà incentivato a esercitare la sua opzione se il prezzo delle azioni sale rispetto al livello in cui si trovava nel momento dell'acquisto dell'obbligazione convertibile. Qualora tale prezzo dovesse scendere, l'investitore troverà più conveniente tenersi la sua obbligazione e aspettare la scadenza per ottenere il rimborso del capitale.
 
Proprio perché un'obbligazione convertibile prospetta una possibilità in più rispetto a un normale bond, il tasso di interesse percepito periodicamente sotto forma di cedola è più basso. In sostanza, questo asset è uno strumento ibrido, funziona un po' come un'azione perché permette di capitalizzare il vantaggio della crescita delle quotazioni sul mercato della stessa, un po' come un'obbligazione perché copre comunque dal rischio di mercato.
 
Di fatto, essendo a sua volta quotata, la convertibile si comporta più come un'azione che come un'obbligazione. Il prezzo cioè tende a seguire l'andamento delle azioni. Se in genere in presenza di un mercato azionario in crescita, le obbligazioni scendono, le convertibili tendono a salire come le azioni. Lo stesso discorso va fatto quando le Borse scendono: tendenzialmente il prezzo delle convertibili si abbassa, al contrario di quello delle obbligazioni.
 
 

Benjamin Graham: cosa erano per lui le obbligazioni convertibili

Il padre fondatore del value investing partiva da un concetto teorico per arrivare a fondo nel suo pensiero sulle obbligazioni convertibili. La teoria è la seguente: l'investitore riceve la protezione del capitale e in più ha l'opportunità di partecipare a eventuali movimenti al rialzo delle azioni. L'emittente raccoglie capitali a un tasso relativamente basso, sbarazzandosi del debito se le azioni salgono e le obbligazioni verranno convertite. Sembra un win-win, ma è proprio così? In realtà, a giudizio di Benjamin Graham no.
 
Per l'economista vale sempre il presupposto che è impossibile trovare un affare che sia molto conveniente per entrambe le parti. L'investitore, ad esempio, in cambio del privilegio di conversione, solitamente rinuncia a qualcosa di importante nella qualità, nel rendimento o in entrambe le cose. L'azienda, dal canto suo, ottiene sì un finanziamento a costo più basso di cui se ne libera nel momento della conversione, ma al prezzo di un capitale diluito e di utili per ogni azione detenuta dagli azionisti in riduzione.
 
Al di là di tutto, Graham riteneva che le obbligazioni convertibili non vadano mai acquistate durante una fase di bull market, in quanto è molto probabile vedere nel tempo il prezzo delle azioni sottostante precipitare una volta che si è esaurito l'effetto speculativo sul mercato. Ma più di ogni cosa, è importante comprendere cosa si sta comprando.
 
Per la precisione, un'azienda che emette obbligazioni convertibili lo fa di norma per pagare tassi di interesse più bassi di quanto lo farebbe normalmente finanziandosi sul mercato in maniera tradizionale. Ciò fa sorgere dei dubbi sulla qualità dell'obbligazione. Graham suggeriva di indagare quindi sulla situazione dell'azienda emittente e sui veri motivi per cui ricorre a questo strumento. Generalmente, quando dietro ci stanno problematiche di ogni sorta, le azioni sono destinate a scendere e il vantaggio della convertibilità va a farsi benedire.
 
Infine, c'è un doppio dilemma da considerare. Cosa fare se le azioni salgono, vendere in corrispondenza di una piccola plusvalenza o aspettarne una più marcata? Inoltre, una volta deciso di esercitare l'opzione, è meglio vendere oppure tenersi le azioni? Le due domande in realtà portano a un unico dilemma, ossia se liquidare l'investimento o meno, alla fine.
 
Secondo le ricerche di Graham, un profitto del 25%-30% andrebbe subito capitalizzato senza aspettare oltre. In generale, all'atto pratico, le opportunità spettacolari offerte dalle convertibili si rivelano illusorie, per Graham, poiché la gran parte di esse vengono emesse e quotate nell'ultima fase di un bull market. E quindi se non colto in tempo, il profitto conseguito tende a esaurirsi mentre il mercato collassa.
 
In pratica, osserva l'economista, uno studio empirico dimostra che coloro che convertono le loro obbligazioni in azioni e le conservano per molto tempo vanno incontro a sonore perdite. Alla fine, se il prezzo delle obbligazioni convertibili segue quello delle azioni, perché convertire? In definitiva, la regola seguita da Graham è "mai convertire un'obbligazione convertibile", perché a quel punto si perde il privilegio insito nello strumento di interessi predeterminati e buon profitto quando sale l'azione.
 
 

In conclusione

La conclusione che trae Benjamin Graham dall'analisi delle obbligazioni convertibili è di sostanziale sfiducia. Prima di comprarle, l'investitore deve fare un'attenta valutazione per cercare una combinazione che comporta una convertibile ben garantita, scambiata con un'azione ordinaria a sua volta attraente e a un prezzo solo leggermente più alto del mercato corrente. Non è facile trovare tutti questi requisiti insieme ed è più probabile trovarli in un'emissione più vecchia, secondo Graham. Quando ciò non accade, meglio cercare altre forme di investimento.
 
 
 

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