La riunione di questa settimana della BCE ha mandato degli input chiave ai mercati finanziari e quindi al mondo degli investitori. L'Eurotower ha sancito che l'inflazione è solo un fenomeno temporaneo, figlia della grande ripresa dell'economia globale dell'era post-Covid e del rincaro dei prezzi energetici. Quindi essa non sposta la politica monetaria accomodante che Francoforte porterà avanti per proteggere l'Eurozona dall'inasprimento delle condizioni finanziarie generali.
In base alle parole di Christine Lagarde durante la conferenza stampa, i tassi rimarranno fermi ancora a lungo anche perché, sebbene il rischio economico e l'incertezza siano diminuiti per effetto della vaccinazione, l'Eurozona si mostra ancora in ritardo nel ciclo di ripresa globale. Di conseguenza la Banca Centrale Europea preferirebbe spostare in là nel tempo un'eventuale stretta monetaria. D'altro canto, il mercato del lavoro è ancora claudicante, per cui la crescita dei salari è da attendersi molto limitata o nulla.
S&P: quanto durerà la politica accomodante della BCE?
Un report di S&P Global Ratings mette in luce alcuni aspetti che hanno a che vedere con il modus operandi della BCE nei prossimi mesi. Secondo la società americana l'istituto guidato da Christine Lagarde potrebbe già preparare i mercati al tapering accorpando i due strumenti che utilizza per l'acquisto degli assets sul mercato: il PEPP e l' APP.
Il primo è più flessibile rispetto al secondo, che già esisteva prima della pandemia, perché non vincolato al capital key di ciascun Paese. Questa flessibilità però ha meno ragione di esistere in uno scenario in cui l'economia è in piena ripresa.
Per l'agenzia di rating, inoltre, tenere i tassi d'interesse a zero a lungo non sarà una cosa facile ma nemmeno impossibile, perché il mercato dei titoli di Stato della zona Euro reagisce in maniera molto sensibile alle dinamiche dei rendimenti generali.
Ad esempio, i rendimenti dei Bund tedeschi hanno un rapporto di 1 a 1 rispetto alla variazione del rendimento generale e del 50% al variare di quello dei Treasury Bond USA a 10 anni. Fino ad oggi la BCE era riuscita con il Quantitative Easing a ridurre la reattività, infatti dal 2015 ad oggi un aumento di 100 basis point dei T-Note USA comportava in media un incremento di solo 25 punti base dei Bund tedeschi.
Le condizioni di mercato riguardanti le prospettive di crescita e di inflazione potrebbero suggerire a Francoforte quindi di ridurre il ritmo dei suoi acquisti, ma si dovrà prestare molta attenzione alle condizioni generali di finanziamento.
In sostanza, se anche la politica della Federal Reserve dovesse essere orientata al tapering, come del resto è risultato recentemente dalle dichiarazioni di qualche suo illustre esponente (ndr), a quel punto si potrebbe creare una spirale di rendimenti alti. Giocoforza, vista la reattività dei rendimenti delle obbligazioni europee, ciò potrebbe spingere la BCE a mantenere il suo programma di QE al ritmo attuale più a lungo, in modo da esercitare una maggiore pressione al ribasso sui rendimenti.
Infine vi è da sottolineare come l'istituto centrale stia per raggiungere il limite della quota di assets pubblici che può detenere in bilancio, sebbene certi vincoli sono stati allentati per finanziare il grande piano Next Generation EU. Tuttavia, S&P Global Ratings non ha ancora chiaro come tutto ciò possa influire sui programmi di Quantitative Easing della Banca Centrale.