- La FED lascia i tassi invariati e conferma la politica monetaria accomodante a lungo;
- Powell in conferenza stampa avverte del pericolo di una recrudescenza del virus con effetti disastrosi su crescita e occupazione;
- I mercati finanziari reagiscono senza grandi sussulti agli annunci della FED
Non è cambiato nulla. La FED lascia inalterata la sua politica monetaria largamente accomodante. Anzi, estende fino alla fine dell'anno i prestiti nell'ambito del piano di sostegno all'economia statunitense devastata dalla pandemia; nonché i REPO e gli swaps per le altre Banche Centrali.
I tassi vengono lasciati fermi nell'intervallo 0-0,25% e resteranno tali fino a quando gli USA non usciranno dalla crisi; questo si legge nel comunicato che accompagna la decisione del FOMC sul costo del denaro. Per il momento non c'è secondo la FED alcun pericolo d'inflazione che possa modificare la forward guidance sul fronte tassi, grazie anche ai prezzi del petrolio che si mantengono relativamente bassi.
Quanto alla curva dei rendimenti il rapporto non dà indicazioni particolari, nonostante questo fosse un tema seguito molto da vicino dagli analisti e dagli operatori del settore.
FED: recessione più grave di sempre, contenimento virus fondamentale
Il Governatore della FED, Jerome Powell, ha sottolineato davanti ai giornalisti che l'America sta vivendo la più grave recessione economica della sua storia e il futuro si presta a molte incertezze. Sebbene la crescita e l'occupazione siano rinsaviti negli ultimi scorci, rispetto alla situazione pre-pandemica si trovano a livelli molto bassi. Grande attenzione oggi per i dati sul PIL USA del secondo trimestre che secondo Powell subirà una flessione molto rilevante.
In base alle parole di Powell, per uscire dal tunnel è importante tenere sotto controllo il virus che sta infettando il Paese con molta aggressività e che sta seminando migliaia di morti giornalieri. Questo sicuramente peserà sull'attività economica e per questo la Banca Centrale userà tutti gli strumenti necessari per sostenere la ripresa. Anche se nessuno si sarebbe mai immaginato il bisogno di tutto questo denaro che è stato erogato dalle istituzioni a stelle e strisce.
Il numero uno dell'Istituto Centrale ha lanciato anche un sasso all'amministrazione Trump, quando ha fatto cenno ai negoziati con il Congresso per aiutare i contribuienti in difficoltà, dal punto di vista della politica fiscale. Anche perché molte persone che hanno perso il lavoro nei settori alberghieri, dei bar e ristoranti, dei viaggi e dell'intrattenimento, non recupereranno più l'occupazione.
Powell pone anche l'accento sulle disuguaglianze sociali in tema proprio di impiegati nel mondo del lavoro. Il 40% di coloro che avevano un stipendio fino a 40 mila dollari l'anno sono stati licenziati tra marzo e aprile. E questi rappresentano gran parte dei 40 milioni di nuovi disoccupati che si sono determinati nel periodo immediatamente successivo allo scoppio dell'epidemia.
La situazione potrebbe addirittura inasprirsi a causa della crescita dei prezzi in alcuni comparti come quello alimentare, che riduce ancor di più il potere d'acquisto di coloro che hanno perso il lavoro. Tutto questo nonostante tale spirale inflazionistica si inserisca in un contesto di shock deflazionistico generalizzato, dovuto soprattutto al crollo della domanda dei settori più colpiti dal virus.
La reazione dei mercati dopo le decisioni della FED
I mercati hanno reagito in maniera composta alle decisioni della FED e alla conferenza stampa di Jerome Powell. Gli indici azionari hanno chiuso in rialzo, con lo S&P500 che ha guadagnato l'1,23% e il Dow Jones lo 0,61%. Il rendimento dei Treasury Bond a 10 anni è rimasto costante intorno allo 0,58%, sostenuto dall'impegno di Washington di aumentare o di mantenere al ritmo attuale l'acquisto di titoli del Tesoro e garantiti da ipoteca nei prossimi mesi.
Sul mercato valutario il Dollaro USA ha incrementato le perdite contro le principali valute portandosi nei paraggi di 1,18 nei confronti dell'Euro e di 1,30 in rapporto alla Sterlina.
Nuova fiammata invece dell'oro che ha ritoccato il record storico raggiunto nella giornata di martedì a 1.981 dollari l'oncia.