PSPP: cosa è e come funziona acquisto titoli pubblici della BCE | Investire.biz

PSPP: cosa è e come funziona acquisto titoli pubblici della BCE

16 giu 2020 - 08:16

16 giu 2020 - 08:16

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Cosa è il PSPP? Come funziona? Quando è stato avviato? Ecco tutto quello che c’è da sapere sul Public Sector Purchase Programme della BCE

Cosa è il PSPP? Come funziona? Quando è stato avviato? Ecco tutto quello che c’è da sapere sul “Public Sector Purchase Programme”, il programma di acquisto di titoli pubblici della Banca centrale europea criticato dalla Corte costituzionale tedesca

Il PSPP, acronimo di “Public Sector Purchase Programme” è uno dei quattro componenti dell’Asset Purchase Programme, meglio noto come “APP”, il “Quantitative Easing” della BCE. Accanto agli acquisti di titoli pubblici, infatti, negli ultimi anni la Banca centrale europea ha avviato programmi di acquisto anche di obbligazioni bancarie garantite (Covered Bond Purchase Programme), titoli emessi in seguito alla cartolarizzazione di prestiti bancari (Asset-Backed Securities Purchase Programme) e obbligazioni del settore privato (Corporate Sector Purchase Programme). Gli acquisti del PSPP rappresentano circa l’80% degli acquisti totali dell’Asset Purchase Programme.

 

PSPP: quanti e quali titoli vengono acquistati?
Per quanto riguarda la composizione dei titoli che possono essere acquistati, il regolamento del PSPP prevede che il 10% degli acquisti annuali riguardi titoli emessi da “organizzazioni internazionali e banche multilaterali di sviluppo idonee” situate nell’Eurozona (per esempio la BEI, la Banca europea per gli investimenti), mentre il restante 90% è costituito da titoli di Stato o obbligazioni emesse da amministrazioni locali e “agenzie riconosciute” dei paesi membri (per esempio CDP, Cassa Depositi e Prestiti). Al momento del loro acquisto, tutti i titoli devono avere una scadenza residua minima di 1 anno e massima di 30 anni.

 

PSPP: ripartizione degli acquisti tra Paesi Eurozona
Al netto del 10% di titoli di organizzazioni internazionali e banche multilaterali di sviluppo, il restante 90% è ripartito tra i 19 paesi dell’area Euro sulla base della cosiddetta capital key, ovvero la quota del capitale della BCE detenuta da ciascuna Banca centrale nazionale. All’Italia, che ha una capital key del 13,81%, va quindi questa percentuale degli acquisti di titoli di Stato, amministrazioni locali e agenzie riconosciute; alla Germania il 21,43%, alla Francia il 16,61%, alla Spagna il 9,69% e così via.

 

PSPP: chi effettua gli acquisti e in che modo?
Gli acquisti del PSPP sono effettuati per il 10% dalla BCE stessa e per il 90% dalle singole Banche centrali nazionali. In particolare, a livello nazionale si applica un “criterio di specializzazione”, per cui ciascuna Banca centrale nazionale acquista solo titoli emessi nel proprio paese. Il grosso dei titoli pubblici nazionali è quindi nel bilancio della propria banca nazionale, ma una parte è presente anche nel bilancio della BCE.

Ad alcune Banche centrali nazionali spetta anche l’acquisto dei titoli delle organizzazioni internazionali e delle banche multilaterali di sviluppo, che non possono essere effettuati direttamente dalla BCE. Al momento si occupano degli acquisti di titoli sovranazionali le Banche centrali di Francia, Spagna, Grecia, Estonia, Lettonia e Slovenia. Dato che l’art. 123 del TFEU vieta alla BCE e alle Banche centrali nazionali di acquistare titoli pubblici sul mercato primario, gli acquisti avvengono sul mercato secondario.

Sul secondario, la BCE e la Banche centrali nazionali operano come investitori privati, acquistando i titoli da controparti ritenute idonee e cercando di intervenire nel modo più neutrale possibile rispetto alle condizioni di mercato. A questo provvedono anche alcune restrizioni:

  • per non influenzare troppo i prezzi dei titoli sul mercato primario, attorno alla data di emissione di nuovi titoli la BCE e le Banche centrali nazionali (BCN) devono rispettare un “blackout period” in cui non possono effettuare acquisti di titoli pubblici; i dettagli sulla durata di questo blocco non vengono resi noti, ma dovrebbe trattarsi di alcuni giorni;
  • per ciascun titolo, la BCE e le BCN non possono acquistare più del 33% del valore totale dell’emissione (50% per titoli sovranazionali). Questo limite è stato però sospeso per gli acquisti del Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP);
  • la BCE e le BCN non possono detenere più del 33% del debito pubblico in circolazione di ciascun paese (50% per il debito di organizzazioni internazionali e banche multilaterali di sviluppo); anche questo tetto è stato sospeso per il PEPP.

 

PSPP: ripartizione redditi e rischi legati ai titoli acquistati
Nell’ambito del PSPP, la ripartizione dei redditi e la condivisione dei rischi che derivano dall’acquisto di titoli pubblici dipendono dalla tipologia del titolo in questione. Per i titoli pubblici nazionali acquistati dalle BCN, il rischio per ciascun titolo è in capo alla BCN che lo detiene.

Quanto agli interessi che maturano su questi titoli, la quota che rimane nel bilancio della singola BCN dipende dal valore vigente del cosiddetto “tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali” deciso dalla BCE: di norma, alla BCN spetta la differenza tra il rendimento dei titoli detenuti e questo tasso di interesse. Tuttavia, poiché dal 2016 questo tasso è pari a zero, di fatto tutti gli interessi che maturano su questa tipologia di titoli rimangono alla BCN.

Per i titoli nazionali acquistati dalla BCE, invece, i rischi sono condivisi e i redditi che maturano finiscono nel bilancio della BCE, per poi essere redistribuiti alle BCN in base alla capital key al momento della distribuzione dell’utile di esercizio. I rischi sono condivisi anche per i titoli sovranazionali, i cui interessi vengono ripartiti tra le BCN in base alla capital key. Quindi, complessivamente, la quota di condivisione del rischio all’interno del PSPP è pari al 20% degli acquisti totali.

 

L’illegittimità del PSPP secondo la Corte costituzionale tedesca
Il 5 maggio 2020, la Corte Costituzionale tedesca si è pronunciata sulla legittimità costituzionale del PSPP, intimando l’Eurotower, senza averne titolo, di spiegare entro tre mesi con una nuova decisione del Consiglio Direttivo la proporzionalità del programma di acquisto titoli lanciato nel 2015 da Mario Draghi.

La pronuncia in realtà muove i primi passi nel 2016 quando, con ricorso avanzato dinanzi al Tribunale costituzionale si lamentava la violazione degli artt. 20, co. 1 e 2, 38, co.1 e 79 co. 3. Con ordinanza del 18 Luglio 2017 la Corte ha ritenuto di dover ricorrere, attraverso rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), alla Corte di Giustizia dell’UE al fine verificare se la BCE abbia rispettato le proprie competenze ed in queste abbia adottato il programma PSPP.

Arriviamo al 2018 dove, nel caso Weiss, “la Corte di giustizia, con sentenza dell’11 dicembre 2018, ha ritenuto che la BCE fosse competente ad adottare il PSPP e che questo fosse proporzionato rispetto all’obiettivo principale della BCE, ossia il mantenimento della stabilità dei prezzi”.

L’art. 267 TFUE assegna un particolare e importantissimo compito alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ovvero quello di interpretazione dei Trattati e degli atti delle Istituzioni dell’UE. L’8 giugno 2020 la Presidente della BCE Christine Lagarde, in audizione al Parlamento Europeo, viene bersagliata di domande sulla sentenza della Corte Costituzionale tedesca. Decisa la risposta della Lagarde: “Non negoziamo la nostra indipendenza”.

La numero uno della BCE ha ribadito quanto già affermato in passato: la sentenza riguarda esclusivamente il PSPP di Draghi, e non certamente il PEPP contro gli effetti della pandemia di coronavirus e contro il quale diversi parlamentari tedeschi e olandesi si sono scagliati in audizione. Il PSPP di Draghi è legale perché lo ha stabilito una sentenza della Corte di Giustizia UE.

Una dura presa di posizione a difesa della autonomia dell’Eurotower, volta a tutelare prima di tutto il suo PEPP che, quanto a flessibilità, va ben oltre il “bazooka” di Mario Draghi. La questione è insidiosa e si gioca più sul piano formale che sostanziale; così insidiosa da aver indotto il Presidente del Tribunale dell’UE ad avvertire che la sentenza tedesca rischia di mandare in frantumi l’Unione europea, in un momento in cui Bruxelles, Lussemburgo e Francoforte hanno bisogno più che mai di poter fare “whatever it takes” al fine di garantire la continuità del progetto europeo.

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