Wall Street sembra essersi ripresa bene dopo lo shock di giovedì 22 aprile, quando il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva annunciato l'aumento fino al 43,4% della tassazione sui capital gain per i più ricchi.
La proposta aveva fatto infuriare molti investitori, alcuni dei quali l'avevano definita una follia tale da far perdere gran parte dei guadagni che l'indice S&P 500 ha conseguito fino ad ora. Da una rilettura dei rapporti della Casa Bianca si evince però che l'atto non sarebbe così aggressivo per come è stato fatto credere.
L'Amministrazione USA infatti avrebbe proposto una tassazione delle plusvalenze alla stessa aliquota del reddito ordinario per chi guadagna più di 1 milione di dollari, innalzando il tetto massimo per la fascia più alta dal 37% al 39,6%. Se si aggiunge il 3,8% dell'imposta Obamacare sui redditi d'investimento si arriva alla quota del 43,4%.
Un alto funzionario alla Casa Bianca ha specificato che solo lo 0,3% delle persone sarebbe colpito da prelievi più elevati sui loro capitali investiti. Inoltre ribadisce che lo 0,01% degli americani e che guadagna più di 16 milioni di dollari, si trova al momento a pagare tasse che sono sbilanciate verso livelli di plusvalenza più bassi piuttosto che verso livelli di reddito più alti. La riforma avrebbe quindi l'intento di correggere tale disequilibrio.
Tassa sui capital gain: oggi la discussione al Congresso
La proposta preannuncia battaglia al Congresso oggi, sebbene una tassazione più elevata per i ricchi era attesa da tempo e rientrava coerentemente nel programma elettorale di Joe Biden prima dell'insediamento alla Casa Bianca. In gioco c'è il maxi piano di 2.250 miliardi che evidentemente ha bisogno di risorse per essere finanziato.
Dai Repubblicani certamente ci sarà da aspettarsi un voto contrario, anche perché solitamente non digeriscono di buon grado qualsiasi forma di tassazione che in qualche modo argini lo sviluppo e gli investimenti. Ma nemmeno sul fronte dei Dem vi è consenso unanime perché una tale iniziativa veda la luce.
Secondo alcuni analisti è probabile che alla fine si raggiunga un compromesso. Ad esempio Greg Valliere, Chief US Policy Strategist a AGF Investments, ritiene che Washington potrebbe attuare una tassazione che si aggiri intorno al 30% per le plusvalenze dei più danarosi, che sarebbe una sorta di via di mezzo tra l'imposizione attuale del 23,8% e quella massima proposta del 43,4%.
Aumento tassazione plusvalenze: quali effetti su Wall Street?
Quale sarà l'impatto sugli indici azionari se verrà confermato l’aumento della tassazione? Molti temono che gran parte degli investitori liquideranno le posizioni che hanno aperte da lungo tempo e monetizzeranno il grande guadagno conseguito pagando l'attuale imposta del 23,8%. Tutto questo metterebbe sotto pressione i listini americani e si potrebbe assistere a un'inversione di tendenza molto importante.
UBS cerca di esorcizzare questa eventualità sostenendo che comunque gli investitori, anticipando la vendita, pagherebbero imposte più basse, ma non beneficerebbero della potenziale crescita degli assets. L'impatto potrebbe quindi essere limitato, anche perché il 75% delle azioni americane è detenuto da fondi pensionistici e investitori stranieri che non sono soggetti a prelievi sulle plusvalenze.
In più si aggiunge il fatto che alcuni trader tenderanno a comprare ad ogni calo che si dovesse materializzare proprio per restare nel trend principale. Secondo la banca svizzera, in definitiva, gli effetti opposti sarebbero bilanciati e il risultante non dovrebbe spostare l'asse più di tanto.
Meno ottimista invece sembra essere Hans Mikkelsen, Credit Strategist presso Bank of America, il quale considera che una maggiore tassazione avrebbe conseguenze negative per il credito d'impresa e il relativo rischio d'insolvenza. Infatti l'esperto pensa che il gravame fiscale farebbe crescere il costo del capitale proprio che, aggiunto all'aumento delle imposte sulle società, inciderebbe sullo stato finanziario delle società quotata in Borsa.