Sono passati 30 anni dall'inchiesta Mani Pulite che piombò sul mondo politico, imprenditoriale e finanziario. Sergio Cusani fu uno dei grandi protagonisti, che da subito si reputò colpevole del malaffare del nostro Paese. Di lui si diceva che avesse una mente molto raffinata, che fosse riservato fino all’estremo e per questo alla fine pagò anche per altri, scontando in carcere fino all'ultimo la sua pena.
Sergio Cusani: biografia
Sergio Cusani è nato a Napoli il 4 agosto 1949 dal padre Gabriele, che era un ricco imprenditore nell'industria dei metalli non ferrosi. Terminati gli studi superiori, si iscrisse all'Università Luigi Bocconi di Milano, ma non riuscì a conseguire la laurea. Da giovane militò nel Movimento Lavoratori per il Socialismo, un gruppo di estrema sinistra dell'epoca e fu anche coinvolto nell'omicidio di Roberto Franceschi, per cui andò a processo e fu assolto per insufficienza di prove.
Nel frattempo si inserì negli ambienti della Borsa milanese, lavorando per il famoso agente di cambio Aldo Ravelli, che stravedeva per lui considerandolo talento brillante e dalla mente raffinata. Ravelli era amico del padre di Sergio Cusani e i rispettivi figli studiavano insieme alla Bocconi. Un giorno Gabriele Cusani telefonò a Ravelli e gli chiese di prenderlo in ufficio per insegnargli il mestiere.
Da subito il Re Mida della Borsa ne fu colpito. "Avevo piena fiducia in lui, era sveglio, rapido a capire, riservato; in poco tempo aveva conquistato la mia fiducia e quando non ero in ufficio mi sostituiva al meglio" dichiarò in un'intervista al giornalista Fabio Tamburini nel 1995 prima della sua dipartita. Cusani lavorò in quello studio per 10 anni, prima di diventare consulente finanziario della famiglia Ferruzzi, avendo rapporti stretti prima con Serafino Ferruzzi, poi con il genero Raul Gardini e infine con Carlo Sama.
Sergio Cusani: la tangente Enimont
I guai giudiziari per Sergio Cusani iniziarono quando scoppiò lo scandalo della maxi-tangente di 150 miliardi di lire che Raul Gardini pagò a diversi politici per favorire la vendita di Enimont, dopo il fallimento della joint venture tra Montedison di cui era a capo ed ENI, creata proprio da Gardini nel 1988. La partnership tra i due colossi dell'industria italiana durò poco, per via di molte divergenze a livello strategico. Nella joint venture entrambi detenevano una quota del 40%, mentre il 20% era flottante. A un certo punto ENI tentò la scalata cercando di accaparrarsi il 20% delle azioni quotate nel mercato, il che generò il disappunto di Gardini e la decisione di cedere all'ente di Stato la sua parte del 40%.
La tangente pagata ai politici, transitata attraverso lo IOR, la Banca del Vaticano, serviva per agevolare le operazioni di vendita ma richiedeva come contropartita una defiscalizzazione generale delle plusvalenze realizzate con l'attribuzione di parte delle attività a Enimont. L'intermediario che si occupava di far arrivare il denaro ai partiti corrotti era proprio Sergio Cusani.
L'arresto di quest’ultimo avvenuto nel 1993 e il processo che si tenne a Milano condotto dal Pubblico Ministero Antonio Di Pietro fu un autentico terremoto che fece tremare l'intero palazzo della politica italiana. Furono molti i personaggi di spicco coinvolti e accusati di corruzione, tra cui il leader del Partito Socialista Bettino Craxi, il Segretario della Democrazia Cristiana Arnaldo Forlani, il Tesoriere della DC Severino Citaristi e il numero uno della Lega Nord Umberto Bossi.
Il 28 aprile del 1994 arrivò la condanna in primo grado per Cusani a 8 anni, confermata in Appello il 7 giugno 1997 e divenuta definitiva in Cassazione a 5 anni e 10 mesi il 21 gennaio 1998. Tra tutte le persone che furono condannate, il finanziere rampante fu quello che scontò la pena più pesante, ma per la procura costui fu uno scoglio, in quanto ammise tutti i suoi reati, ma mantenne la riservatezza assoluta nell'indicare altri colpevoli. Su questo aspetto ha ereditato molto da Aldo Ravelli. "Per me la riservatezza è una seconda pelle, l'ho imparato lavorando con Aldo Ravelli, che mi diceva di non tradire mai il mandato dei propri clienti", ha riferito Cusani durante il processo.
Sergio Cusani oggi
Il 30 marzo 2001 Cusani ha finito di scontare la sua pena e il 9 luglio del 2009 il Tribunale di Milano lo ha dichiarato riabilitato da ogni incapacità ed effetto penale derivanti da precedenti condanne. Dopo la condanna e il carcere, Cusani ha lasciato il mondo della finanza, tagliando i ponti con il passato e dedicandosi a progetti di volontariato e di recupero per i detenuti.
Tuttavia, non ha trovato pace per quella brutta storia, sostenendo di non chiedere perdono perché lui stesso fa fatica a perdonarsi. "So che quando sarà, me ne andrò con un pesante fardello. Sono consapevole di avere una responsabilità personale che non può essere in alcun modo sottaciuta. Ancor più perché avevo tutti gli strumenti per capirlo", ha dichiarato al Convegno dell'Associazione nazionale magistrati sui testimoni di Mani Pulite organizzato nel mese di febbraio di quest'anno.