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Patto di Stabilità: cos'è e come funziona

10 mar 2021 - 07:15

06 dic 2022 - 08:53

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Cosa è il Patto di Stabilità? Come funziona e qual'è la sua origine? Vediamo insieme la storia del Stability and Growth Path, da anni argomento di grande dibattito

Lo Stability and Growth Path, ovvero Patto di Stabilità e Crescita, è stato creato con lo scopo di uniformare le politiche di bilancio dei Paesi dell'Unione Europea stabilendo determinati criteri, in modo da garantirne la stabilità economica e finanziaria.

Negli anni questo è stato argomento di grande dibattito soprattutto allorché alcuni Stati membri vivevano in una situazione di crisi. Il rigore delle condizioni, nel rispetto delle quali espletare la propria politica economica, ha messo i Paesi in uno stato spesso di estrema difficoltà dovendo chiedere dei sacrifici a volte poco tollerati dalla popolazione.

L'avvento del Covid-19 e i riflessi nefasti sull'economia globale hanno spinto l'UE a sospendere il Patto di Stabilità consentendo agli Stati europei di poter affrontare senza limiti di spesa l'emergenza soprattutto a livello sanitario.


Patto di Stabilità: cos'è e come funziona

Ma cosa è quindi il Patto di Stabilità? Come funziona questo meccanismo europeo che come dice il termine punta a garantire la stabilità economica e finanziaria dei Paesi appartenenti all'Unione Europea? Iniziamo con il vedere i due paratri essenziali del Patto di Stabilità, ossia:

 

  • Rapporto Deficit/Pil non superiore al 3%
  • Rapporto Debito Pubblico/PIL non superiore al 60%

 

Con questi criteri si vuole evitare che le politiche di spesa siano troppo generose e la situazione di indebitamento di un Paese membro vada fuori controllo con effetti negativi anche su tutto il sistema.

L'articolo 104 del Trattato di Maastricht stabilisce che qualora tali parametri non vengano rispettati scatti una procedura d'infrazione che si concretizza in 3 fasi:

 

  • la prima di avvertimento che avviene quando un Paese si avvicina allo sforamento, a quel punto l'UE dirama una comunicazione ufficiale che segnala l'allarme;
  • la seconda di raccomandazione, che si ha laddove il limite è stato superato, quindi l'UE suggerisce alcuni provvedimenti da attuare per tornare in regola;
  • la terza di sanzione, che si manifesta qualora, dopo i vari richiami, lo Stato persevera a violare il Patto.

 

Bisogna precisare che la sanzione non è subito operativa, ma è sospesa per un periodo di 2 anni, per dare modo a quel Paese di adottare i provvedimenti necessari per riportare gli indicatori entro il tetto stabilito. Al termine di questa finestra temporale, se non è stato fatto nulla, scatta un'ammenda che comprende: una parte fissa, ossia lo 0,2% del PIL; una componente variabile, che è pari a 1/10 di quanto è l'ammontare dello scostamento dalla soglia del 3%.

 

Patto di stabilità: origine e riforme

L'accordo tra i vari Paesi dell'Unione Europea è stato stipulato nel 1997 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1999. Ciò che ha mosso l'Europa a introdurre tale concordato è stata la necessità di rafforzare quell'integrazione monetaria avviata con il Trattato di Maastricht del 1992.

Nella relazione della Commissione Europea si legge che si è voluto dare continuità nel rigore di bilancio dell'UE in risposta alle preoccupazioni per deficit eccessivo. Sin da subito tuttavia l'estrema austerità del Patto ha acceso molte polemiche da parte anche di esponenti illustri a livello governativo, che ritenevano inattuabile le condizioni imposte in quanto poco calibrate alla situazione particolare di ogni Paese.

In molti contesti infatti tutto ciò non solo non avrebbe garantito la crescita, ma nemmeno la stabilità. Inoltre alcuni Stati come Francia e Germania spesso hanno oltrepassato quelle soglie stabilite riguardo il deficit e, nonostante vari avvertenze e richiami, non sono mai stati sanzionati.

Di fronte alle innumerevoli perplessità espresse da un numero sempre crescente di soggetti politici ed economici, l'Ecofin fece un primo tentativo nel 2005 di renderlo più flessibile.

 

Patto di Stabilità: la prova delle crisi 2008 e 2011

Ma fu solo con la crisi dei mutui subprime del 2008 che si sentì realmente la necessità di attuare una vera riforma per alleggerire le condizioni dell'accordo. Con l'arrivo della tempesta finanziaria legata ai debiti sovrani del 2011 però il processo di cambiamento si fermò.

Anzi, fu proposta da parte della Cancelliera Angela Merkel una riforma volta a rendere automatiche le sanzioni per chi violava i parametri imposti dal Patto. Altresì la Commissione Europea e la Corte di Giustizia UE avrebbero dovuto vigilare affinché i Paesi rispettassero le regole stabilite.

Alla fine del 2011 tutti i 17 membri dell'Eurozona concordarono le modifiche e i Paesi fuori dall'Euro si dichiararono pronti ad aderire, eccezion fatta per la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca.

 

Patto Stabilità: spaccatura tra Nord e Sud Europa

L'accordo raggiunto però non impedì che si creasse una vera spaccatura all'interno dell'Unione Europea. Così si formarono due schieramenti: da un lato gli Stati dell'area mediterranea, che erano maggiormente coinvolti nelle crisi debitorie e che spingevano per rimuovere un'austerità che strozzava l'economia; dall'altro le Nazioni del Nord Europa, che invece volevano evitare che le problematiche di uno Stato ricadessero su tutti gli altri.

Il dibattito è rimasto vivo fino ai giorni nostri, quando la pandemia ha messo tutti d'accordo e ha fatto sospendere il Patto di Stabilità. L'interruzione è stata prolungata fino a tutto il 2022 ma, come ha chiarito il Vice Presidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, alcuni Paesi altamente indebitati come l'Italia devono prestare particolarmente attenzione alla sostenibilità, ancor più che il rialzo dei tassi d'interesse può rendere particolarmente oneroso tenere un debito eccessivo.

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