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Quando si pensa ad un rapporto di cambio molto legato all'andamento del prezzo del petrolio si pensa subito a UsdCad
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Il Canada è uno dei principali produttori al mondo di petrolio ed ovviamente la sua valuta subisce nel bene e nel male le oscillazioni del WTI
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UsdCad sta fornendo in questo mese di marzo segnali rialzisti molto forti
Uno dei rapporti di cambio più utilizzati da chi opera sul Forex e cerca al tempo stesso di catturare i movimenti del petrolio è il cosiddetto Loonie, ovvero il cambio UsdCad. I due dollari nordamericani da tempo sono espressione nei loro movimenti non tanto delle politiche monetarie, spesso convergenti, quanto dell’andamento nei prezzi delle materie prime. UsdCad tende ad avere storicamente una correlazione negativa con il prezzo del petrolio WTI. Se sale il greggio allora le quotazioni di dollaro americano contro dollaro canadese scendono. Viceversa, se i corsi del petrolio scendono allora il dollaro USA si apprezza su quello canadese. Uno dei motivi “storici” alla base di questo legame è ovviamente la grande importanza che ha il petrolio per l'economia del Canada. Il Paese nordamericano è il quarto produttore mondiale ed a differenza degli Stati Uniti, che sono il primo, questa materia prima rappresenta un fattore cruciale in termini di peso sulle esportazioni. Rappresentano il 14% del totale. Ovviamente la violenta caduta del prezzo del petrolio nelle ultime settimane, sceso oggi sotto i 26 dollari al barile, ha colpito duro il dollaro canadese, messo alle corde anche dal più classico fenomeno di flight to quality che vede il Dollaro Usa come naturale destinatario.
Analisi tecnica: dove andranno le quotazioni di UsdCad?
I segnali che emergono da UsdCad non appaiono incoraggianti in tal senso. Come vediamo dal grafico infatti se marzo si dovesse chiudere sui livelli attuali in un colpo solo verrebbe messa alle spalle la neck line del testa e spalla rialzista (in transito a 1.36) la down trend line che unisce i massimi decrescenti dal 2016. A questo aggiungerei anche un ulteriore spunto tecnico per soddisfare gli appetiti degli amanti delle onde di Elliott. Dovremmo essere al termine della quarta onda rialzista all’interno di un bull market di lungo periodo cominciato nel 2007. Come prescrive la teoria dell’analisi tecnica ad un’onda 2 correttiva molto profonda, l’onda 4 che segue sempre in modalità correttiva è poco incisiva. In questo caso avremmo una leggera sbavatura legata al fatto che il minimo dell’onda 4 è entrato marginalmente dentro il massimo di onda 1, ma su tempi così lunghi possiamo concederci il lusso dell’eccezione. A questo punto il massimo del 2016 appare solo come una tappa intermedia verso l’obiettivo ben più ambizioso di area 1.60, i massimi di inizio ventunesimo secolo. A completare questo obiettivo anche l’elegante proiezione che vedrebbe onda 5 uguale in ampiezza ad onda 1 proprio su questi livelli. Stando così le cose per il petrolio, danneggiato da un calo di domanda mostruoso per gli effetti causati dal Corona virus e dalla paralisi del turismo e di diverse attività industriali, ancora non si intravedono segnali di inversione di tendenza. Questo almeno secondo il barometro UsdCad.