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Settimana da dimenticare per le valute emergenti che ancora una volta escono con le ossa rotte dall'improvviso rialzo nella volatilità di mercato
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Rublo russo e Peso messicano le divise più colpite a causa del contestuale crollo nel prezzo del petrolio sceso anche sotto 30$ al barile.
Un lunedì nero per i mercati azionari si è trasformato in un lunedì nero anche per tutte quelle asset di investimento più legate al rischio e, per quello che riguarda il mondo valutario, al carry trade. Carry trade è quella strategia di investimento che prevede il finanziamento in valute a basso costo come Euro o Yen per acquistare valute ad alto rendimento come tipicamente quelle appartenenti al mondo emergente.
Dopo le tensioni e le mosse a sorpresa nate dalla fallimentare riunione OPEC della scorsa settimana, le vendite si sono abbattute in modo naturale su quelle divise più esposte ai corsi del petrolio. Sono letteralmente state massacrate Rublo russo e Peso messicano, nell’ultima settimana hanno lasciato sul terreno oltre il 7% contro Dollaro. Performance ancora peggiore se il confronto avviene con l'euro, che nel periodo ha guadagnato quasi il 2% contro Dollaro arrivando fino a 1.14.
Il 28 febbraio un post quasi profetico metteva in guardia sulla possibilità che un break rialzista di UsdZar coincidesse con una esplosione di volatilità sintetizzata dal Vix. Il giorno dopo è arrivata con una violenza impressionante la frattura della resistenza con il mercato azionario che ha cominciato ad avvitarsi. UsdZar è così salito i pochissime ore da 15.5 a quel 17 non lontano dal massimo storico del 2016.
Ma cosa è successo in passato quando valute emergenti come il Peso messicano e il Rublo russo hanno subito uno shock di prezzo così violento?
Nel caso di UsdMxn dobbiamo risalire al 2016 per trovare una situazione di balzo settimanale superiore al 5%. Una spike come quella vista questa settimana fu registrata in occasione delle elezioni presidenziali americane. In quel caso il balzo settimanale sfiorò il 10% e non intercettò il massimo. A dire il vero quel movimento fu preceduto da tante scosse telluriche di avvertimento con variazioni settimanali del 5%. Poi l’esplosione di volatilità. Alla luce di questa considerazione appare quindi prematuro pensare ad un top su UsdMxn già definitivo.
La medesima considerazione possiamo farla per il Rublo russo protagonista di una settimana molto negativa che ha portato addirittura il cambio EurRub a salire lunedì di oltre il 10% per effetto della frattura politica in sede Opec circa la decisione concertata di ridurre la produzione. L’Arabia Saudita ha rotto le trattative decidendo di non tagliare ed anzi abbassando i prezzi sul petrolio esportato, un vero e proprio terremoto capace di portare il WTI fino ai 30 dollari al barile.
Tornando al Rublo, o meglio al cambio UsdRub, anche in questo caso prendiamo nota di una rottura tecnica notevole che interrompe una lunga fase di accumulazione da parte del mercato. Una spike analoga la troviamo nel 2014 quando UsdRub divenne territorio di forte volatilità come confermarono successivamente i rialzi ancora più violenti capaci quasi di raddoppiare il valore di UsdRub.
La lezione che possiamo trarre dal passato è sostanzialmente quella che spike di questo tipo quasi mai intercettano i massimi. Quindi attendiamoci nuova volatilità prima di assistere alla formazione di un massimo primario.