È stata un’altra settimana caratterizzata dalla volatilità e dai cambi d’umore per il mercato, con economia e dazi che hanno nuovamente tenuto banco tra gli operatori. Un primo pesante colpo è giunto da Donald Trump. Nel corso di un’intervista il Presidente americano ha aperto alla possibilità che l’economia statunitense entri in recessione, seppur moderata.
Tanto è bastato per scatenare un’ondata di vendite sui listini azionari, prima USA e poi internazionali. Borse extra America che hanno sui loro capi i dazi del tycoon repubblicano. In un botta e risposta che ha interessato tanto il Canada quanto l’Europa, i mercati hanno iniziato ad alleggerire i titoli più a rischio.
A contribuire a riportare il sereno e soprattutto un approccio risk on sui listini due elementi arrivati nei giorni successivi: l’apertura a una tregua tra Russia e Ucraina e soprattutto l’inflazione USA. I valori di quest’ultima non preoccupano e lasciano maggior libertà alla Fed nella gestione della politica monetaria. E mentre l’oro per la prima volta nella sua storia ha superato la soglia psicologica dei 3.000 dollari l’oncia, ora non rimane che attendere la prossima dichiarazione di Donald Trump capace di re-mixare il sentiment degli operatori.
Banche centrali in stand-by
L’espressione “molto rumore per nulla” indica una situazione in cui si genera grande clamore, agitazione o aspettative, ma senza che vi sia un risultato concreto o significativo. Nasce dal titolo di una celebre commedia di William Shakespeare, in cui gli equivoci e i pettegolezzi creano tensioni e drammi, ma alla fine tutto si risolve senza reali conseguenze. Per tre Banche centrali su quattro, il meeting della prossima settimana potrebbe concludersi appunto con un nulla di fatto.
L’unica che, stando alle stime, dovrebbe modificare lo status quo è la Swiss National Bank, che giovedì potrebbe mettere in campo la quinta riduzione consecutiva dei tassi portandoli dallo 0,5% allo 0,25%.
Gli altri tre istituti coinvolti, la Bank of Japan, la Bank of England e, soprattutto, la Federal Reserve, dovrebbero confermare l’attuale assetto.
Lo stand-by dei tre istituti è riconducibile all’elevata dose di incertezza che da sempre caratterizza l’approccio negoziale di Donald Trump. Tra sparate, minacce, inversioni a U e rilanci, nessuno sa esattamente cosa stia per accadere.
E per le Banche centrali questi dubbi portano alla conferma dell’attuale livello dei tassi, in attesa di capire se le tariffe finiranno per spingere al rialzo i prezzi, se si abbatteranno, riducendola, sulla crescita economica, o se un mix dei due effetti ci condurrà verso la stagflazione. La settimana sarà anche caratterizzata dai dati sulle vendite al dettaglio statunitensi e dall’indice ZEW tedesco.
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